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PREZZI E PROMOZIONI, IL RESTO È POESIA!

C’è un grande, grandissimo mondo che è quello delle palestre e del fitness. Un mondo che – secondo recenti esperienze e racconti che ci sono giunti in redazione – è decisamente (in larga parte) fermo all’Era del Marketing.

L’Era del Marketing era quel periodo (finito ormai un lustro fa) nel quale la leva strategica era l’offerta e la capacità dell’azienda e del brand di presentarla in modo accattivante ed efficace. Un periodo nel quale la leva del prezzo spesso aveva la meglio e nel quale la comunicazione del brand era tutta in mano all’azienda stessa.

Oggi sono diverse le catene di palestre che cercano il coinvolgimento di potenziali abbonati attraverso (insistenti) offerte al rilancio. Offerte super convenienti a un primo sguardo, ma che ti obbligano a una “fedeltà” forzata per lunghissimi periodi tempo, ad esempio: un abbonamento a 39,90 euro al mese (fantastico!) per la bellezza di 36 mesi!  “Che poi, se decidi che non vuoi più venire, è facile! Lo cedi a qualcuno. Però a noi il pagamento lo devi fare tu. Tu al limite ti fai pagare dalla persona a cui lo cedi!”

Offerte lanciate via email marketing, sms marketing, attraverso coupon online, telefonate alle più improbabili ore del giorno e della notte, ragazzi che ti fermano per strada proponendoti abbonamenti a metà prezzo. “Ma no, una giornata di prova non si può fare… Sai, se ti succede qualcosa… Però se ti iscrivi subito puoi portare il certificato medico tra una settimana, firmando una manleva di responsabilità in caso di incidenti perché è una cosa diversa!”.

Poi magari firmi il contratto: la palestra è bella, è comoda, ci sono dei bei corsi! E poi questa volta davvero vuoi impegnarti per tornare in forma! E lì, dopo la firmetta sul contratto ti viene sbrigativamente mostrata la palestra e saluti e baci (“Buy… Bye Bye!, ricordate qui?). Fai pure fatica a estrapolare qualche consiglio al personale in sala perché non hai acquistato l’opzione del personal trainer che monitora costantemente i tuoi risultati.

Ebbene, notizia dell’ultima ora (ma neanche tanto): siamo nell’Era del Cliente! L’offerta e il prezzo non fanno più la differenza! Se l’abbonato non vivrà una bella esperienza “in” palestra (indipendentemente dai risultati ottenuti con tanta fatica e sudore) e “con” la palestra, non tornerà più. E non ne parlerà bene ad amici e colleghi. O, peggio, ne parlerà male! Perché nell’Era del Cliente non è tanto facoltà del brand farsi (buona o cattiva) pubblicità, ma è piena prerogativa del cliente.

Questo è tanto evidente che le palestre che sono rimaste ancora al “vecchio” approccio hanno una lunghissima lista di “ex soci” o di “ex abbonati” che – appena finito il periodo dell’offerta – non rinnovano, nell’attesa che, magari, arrivi da qualche parte un’offerta più interessante del prezzo pieno dell’abbonamento.

Nell’Era del Cliente l’83% dei clienti è disposto a pagare di più in cambio di una Customer Experience superiore (contrariamente, “sfrutterà” l’occasione di sconti e promozioni, rivolgendosi successivamente a un competitor). E, guarda caso, proprio la Customer Experience è strettamente legata alla fedeltà al brand e al tasso di passaparola positivo che il cliente è disposto a spendere.

Non è un caso, in questo senso, la mancanza nel settore di uno storytelling significativo da parte del cliente: sintomo dell’assenza di una rigorosa progettazione della Customer Experience a partire proprio dall’esperienza del cliente in funzione delle promesse che il brand vuole trasmettergli e fargli vivere.

È ora di iniziare un po’ di work out sulla Customer Experience!

AVON, #SPECCHIOSPECCHIO E UNA PROMESSA BEN MANTENUTA

AVON LOGoAvon, azienda leader nella produzione di cosmetici, è nata nel lontano 1886. Quasi per caso, si potrebbe dire. L’idea venne a un certo David H. McConnell, venditore porta a porta di libri che, per attirare l’attenzione delle sue clienti, offriva loro in omaggio un profumo di sua invenzione. Mancavano ancora trent’anni perché negli Stati Uniti le donne si vedessero riconosciuto il diritto di voto e McConnell ebbe l’idea di rendere le casalinghe americane prime testimonial e venditrici dei suoi prodotti, oggi conosciute con il nome di “Presentatrici Avon”.

Oggi, 130 anni dopo, Avon fattura quasi 9 miliardi di dollari all’anno e ha ben 6,4 milioni di presentatrici in oltre 100 Paesi del mondo.

La promessa e la missione di Avon, fin dalle prime intenzioni del suo fondatore, è quella di “Sostenere la bellezza, l’innovazione, l’ottimismo e, soprattutto, le donne”.

E per fare questo, Avon non ricorre soltanto ai suoi prodotti! Conscia del fatto che i termini della sua promessa siano difficili da mantenere e, soprattutto, da trasmettere in modo corretto e che davvero arrivi al suo pubblico, Avon ha recentemente lanciato l’iniziativa #SpecchioSpecchio, volta a rendere le donne più sicure di se stesse.

In sordina e senza svelarsi attraverso loghi che alludessero al brand, Avon ha posto uno specchio interattivo presso il centro commerciale “Le Torri Bianche” di Vimercate, vicino a Milano. Chi si avvicinava spontaneamente allo specchio riceveva un messaggio personalizzato a seconda del proprio look, del proprio stile o della propria personalità: “Hai visto come sei bella oggi?”, “Quanto tempo è che non ti dicono che sei stupenda?”, “Sei una donna unica!” e così via… Le reazioni delle donne che si fermavano a leggere il loro messaggio venivano registrate e sono state solo successivamente condivise da Avon attraverso il video che potete vedere qui sotto.

Le commosse, riconoscenti e divertite partecipanti hanno ammesso di essersi per un attimo sentite più belle e sicure, contagiando positivamente e incuriosendo altre donne intorno a loro.

Per non fermarsi qui, Avon ha esteso la possibilità di partecipare all’iniziativa anche online, attraverso il sito web www.avonallospecchio.it.

Il tema dell’insicurezza della donna è molto sentito: una ricerca di Dove, marchio di prodotti per l’igiene personale di Unilever, ha rilevato che solo il 4% delle donne del mondo si considera bella e che l’ansia sul modo in cui appare inizia da molto giovani. Sei ragazze su 10, inoltre, sono molto preoccupate di come appaiono e questa insicurezza provoca delle difficoltà nelle loro attività quotidiane.

Avon, che da tempo si fa ambasciatrice di valori come la fiducia in se stessi e il rispetto delle diversità e dell’unicità delle persone, ha deciso con questo progetto di dimostrare ancora una volta alle donne (non solo clienti!) di essere in grado di mantenere la sua promessa.

Un definizione chiara e precisa delle promesse del brand è necessaria per mettere in atto una strategia che, nei diversi touchpoint (online e offline), sia in grado di dimostrare di poterle mantenere, rispettando così le aspettative dei clienti. Il risultato? Una Customer Experience superiore e, di conseguenza, fedeltà e passaparola, ovviamente!

SARAGHINA E LA SCALATA DELLA PIRAMIDE DELLA CUSTOMER EXPERIENCE

In una Customer Experience superiore, come già abbiamo scritto e ripetuto, le interazioni del cliente con il brand, si realizzano, secondo il modello della piramide (approfondisci qui), attraverso tre livelli: soddisfazione delle esigenze, facilità e piacevolezza.

Modello della piramide della Customer Experience.
Modello della piramide della Customer Experience.

Oggi parleremo di un giovane marchio che, investendo sull’interazione cliente-brand dal punto vista emozionale e sensoriale, sta raggiungendo con successo la vetta di quella piramide, offrendo a ogni cliente un’esperienza piacevole, gradevole e, per questo, indimenticabile.

Si tratta di Saraghina Eyewear, un brand di occhiali fondato nel 2013 a Rimini, in riva all’Adriatico, su quello stesso tratto di mare in cui, da sempre, dimora l’omonimo pesce. Semplice, povero, accessibile a chiunque ma allo stesso tempo ricco di gusto e di sostanza. Tutte caratteristiche che il marchio Saraghina ha saputo declinare a proprio vantaggio, facendone la propria fonte d’ispirazione.

Ma acquistare un paio di questi occhiali non significa soltanto fare una scelta di stile, di qualità e allo stesso tempo economica. Acquistare un paio di Saraghina significa muoversi e immergersi lungo un percorso preciso che rispecchia un certo mondo, quello genuino e popolare della Romagna, con il suo mare, il suo pesce e i suoi pescatori. Un mondo che risveglia emozioni grazie a colpi di storytelling intelligente e a trovate acute e simpatiche, dal sapore semplice.

Un esempio lampante è il curato packaging che, chi acquista il prodotto tramite ecommerce, riceve a casa assieme ad un certificato che cita: “Complimenti! Lei ha acquistato 30 g di Saraghina dell’Adriatico.” Oppure, un’altra trovata geniale è, senza dubbio, l’astuccio per contenere gli occhiali a forma di scatoletta di tonno. Una custodia in grado di trasformarsi in un gadget simpatico e carino da tenere orgogliosamente sulla propria scrivania.

È attraverso questi particolari ed elementi che ruotano attorno al prodotto che Saraghina ha trovato la formula giusta: un mood personalissimo per presentarsi ai clienti ed offrire loro un’esperienza d’acquisto assolutamente vivace e memorabile. Tanto memorabile da far scattare un passaparola inesorabile e vincente, grazie al quale Saraghina è riuscita a raggiungere persone di ogni tipo, da quelle più semplici e comuni fino alle quelle più celebri e solitamente irraggiungibili per un piccolo marchio. Come per esempio, il presentatore televisivo Paolo Bonolis e la top-model Kate Moss.

Italian Customer Intellingence ti aiuta a progettare per i tuoi clienti un’esperienza che scali la vetta della piramide della Customer Esperience.

IL MARKETING SECONDO STAN PHELPS

                         Se create una grande Customer Experience, i consumatori se la racconteranno l’un l’altro. Il passaparola è molto potente.

Jeff Bezos

Stan Phelps è l’autore di “What’s your purple Goldfish – 12 ways to win customers and influence word of mouth” e la sua teoria è che i Clienti si possano conquistare o, meglio si possano “incollare” al proprio brand attraverso dei “piccoli extra inaspettati” (che lui chiama GLUE – Giving Little Unexpected Extra) che suscitino l’entusiasmo dei clienti che, per parte loro, non vedranno l’ora di raccontare la loro esperienza ad amici e colleghi (ne abbiamo scritto qui).

Ora, il passaparola, il word of mouth, come viene chiamato negli Stati Uniti, con la sua significativa abbreviazione WOM (che sembra quasi WOW!), è quello che Phelps ritiene essere il miglior strumento di marketing, ben superiore, per efficacia, all’adveritising, alla sponsorship e alle public relation.

Vediamo nel dettaglio perché.

L’advertising tradizionale, sia esso online od offline, è un dialogo a senso unico, decisamente di parte, che veste il prodotto o il servizio con il suo abito migliore, mostrandolo nella sua forma più smagliante. Infondo, è difficile che un’azienda o un brand “diffondano” di proposito i propri punti deboli o le proprie “storpiature”. L’intenzione è quella di attirare l’attenzione del consumatore.

La sponsorship invece è quella forma di marketing che lavora sul concetto di “affinità” o di “associazione”. In questo caso, il brand si associa a una seconda parte, con l’intenzione, anche in questo caso, di catturare l’attenzione del consumatore sfruttando e intercettando le sue passioni.

Le PR sono un processo proattivo che regola il flusso di informazioni tra il brand e il suo pubblico. L’esposizione del brand nei confronti del suo pubblico avviene attraverso terze parti, soprattutto attraverso media mainstream. Il coinvolgimento di queste terze parti, generalmente, veicola maggior credibilità al messaggio.

Infine, il passaparola, ovvero l’informazione di un consumatore passata a un altro consumatore. O meglio, il racconto di un’esperienza di un consumatore confidata a un altro consumatore. Un consumatore che si fa “ambasciatore” di un prodotto, un servizio o, più genericamente, di un brand, presso un altro consumatore, garantendone personalmente il valore. In questo caso, il focus non è mai su una caratteristica specifica del prodotto, del servizio o del brand, né su una sua funzione o un suo vantaggio particolare. Quando un consumatore raccomanda qualcosa ad amici o colleghi, il soggetto del consiglio è “l’intera esperienza” che si può ottenere adottando quella soluzione.

L’effetto esteso che ha il passaparola era già stato ben rappresentato negli anni Ottanta dalla bella protagonista dello spot dello shampoo naturale Fabergé che ci racconta di aver raccontato del suo shampoo a due amiche, che hanno fatto lo stesso a loro volta, e così via..

Ovviamente, internet e i social media hanno elevato il livello dell’effetto che può avere un passaparola.

La bella notizia è che oggi questo passaparola generato dai clienti più soddisfatti (chiamati anche “promoter”) si può tracciare e quantificare. Attraverso un indice internazionalmente riconosciuto (il Net Promoter Score), comparabile con le medie di settore, il passaparola diventa strumento efficace per misurare lo stato di salute di un brand.

Italian Customer Intelligence ti aiuta a misurare quanto passaparola genera il tuo brand: scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

LEGO E LA STORIA DIVENTATA VIRALE DI UNA CUSTOMER EXPERIENCE DAVVERO BRILLANTE

Da una veloce ricerca su Google del nome Luka Apps saltano fuori diversi articoli che citano questo nome. E alcuni dalle testate più importanti e conosciute del mondo: Huffington Post, ITv, The Sun, Forbes, fino a Panorama in Italia. Ma chi è questo Luka Apps? E come mai la sua storia è così degna di nota?

ninjangoPresto detto: Luka è un ragazzino che vive nel Wiltshire, una piccola contea dell’Inghilterra sud –occidentale, dove si trova il famoso sito preistorico di Stonehenge. Luka oggi ha 10 anni ed è un grandissimo appassionato di Lego. Il Natale di un paio di anni fa decise che con i soldini ricevuti da Babbo Natale si sarebbe fatto un bel regalo: un Ninjago (un Ninja Lego) chiamato Jay XZ. Entusiasta del suo nuovo acquisto, non ascoltò il padre che gli suggeriva di non portarselo dietro durante un viaggio di famiglia perché avrebbe rischiato di perderlo. Fu esattamente quello che accadde. Luka tentò però il tutto per tutto, mandando un’email accorata alla Lego dove spiegava l’accaduto, pregando di averne un altro, con la promessa, questa volta, di averne estrema cura.

La risposta, ricevuta da Richard del Customer Service, recitava così:

“Caro Luka, Grazie per averci scritto!

Ci dispiace molto di sentire che hai perso Jay: sembra che il tuo papà avesse ragione a suggerirti di lasciarlo a casa. E sembra anche che tu sia molto triste.

sensei wuIn genere, quado di perde un Ninjago, bisogna ripagarlo per averne un altro. Anche i miei capi mi hanno detto così. Ma io ho deciso di fare una chiamata a Sensei Wu (un altro personaggio della serie, nella foto a destra, ndr) per vedere se mi poteva aiutare.

Luka, ho detto a Sensei Wu che perdere il tuo Jay è stato un incidente e che tu hai promesso che non capiterà mai più. Allora lui mi ha detto di dirti: ‘Luka, il tuo papà è un uomo molto saggio. Tu devi proteggere i tuoi Ninjango come i dragoni proteggono le Armi di Spinjiyzu!’. Sensei Wu mi ha anche dato il permesso di mandarti un nuovo Jay. Mi ha anche detto di aggiungere qualcosa in più, perché chi usa tutti i suoi risparmi per comprare un Ultrasonic Rider deve essere proprio un grande fan dei Ninjango.

Quindi, spero che tu possa divertirti con il tuo nuovo Jay e con tutte le sue armi. Avrai così tre versioni differenti di Jay. E ti mando anche un nemico che Jay potrà combattere!

Mi raccomando, ricorda le parole di Sensei Wu: ‘proteggi il tuo Jay come le Armi di Spinjitzu! E, ovviamente, ascolta il tuo papà!’
Luka Apps

Ti arriverà un pacco da Lego entro due settimane: abbine cura, Luka. Ricordati che hai promesso di lasciarlo sempre a casa!”

Il papà di Luka, non appena letta l’email, decise di tweetarla. E così la storia di un “brilliant customer service” diventò virale.

Il passaparola è uno strumento potentissimo di pubblicità per i brand. Con l’uso sempre più spregiudicato dei social network, poi, il passaparola in poco tempo diventa “virale”, contagiando (positivamente e negativamente) l’opinione di sempre più consumatori. Diventa fondamentale, quindi, saperlo sfruttare al meglio, offrendo ai propri clienti una Customer Experience degna di nota e degna di..passaparola!

Il percorso proposto da Italian Customer Intelligence spiega come generare un passaparola virtuoso attraverso metodi, best practice, casi ed esempi.

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GARY ALLEN E L’AMORE PER L’APPLE STORE

Assistere all’apertura di 140 negozi della Apple in giro per il mondo, raccontarla sul tuo blog e il tutto a tue spese? C’è chi lo fa e, probabilmente, è il fan numero 1 della Apple.


GaryAllen
Si chiama Gary Allen, autoproclamatosi “Apple Retail Stores Enthusiast”, e il suo blog (ifo Apple Store) è interamente dedicato ai negozi della Mela. Allen è (o meglio, era: è mancato la settimana scorsa a causa di un male incurabile) un medico di pronto soccorso in pensione, entusiasta del mondo Apple a 360°, tanto da decidere di girare il mondo per accodarsi alle migliaia di fan che partecipano all’apertura di nuovi punti vendita o al lancio dell’ultimo modello di IPhone. Istanbul, Parigi, Madrid, Londra, Pechino e tante altre.. Questo perché – raccontava Allen sul suo blog – “Apple non è solo i suoi prodotti. Pensate al modo in cui Apple assume. O al modo in cui i manager di Apple insegnano ai propri dipendenti. Guardate l’intera immagine: l’intera immagine è molto più interessante del singolo prodotto”.

Allen ha fatto tante “dichiarazioni d’amore” alla sua Apple: “è il modo in cui creano esperienze memorabili e magiche per i propri clienti. È il modo in cui un Apple Store arricchisce la vita delle persone”.

apple2Un bellissimo quadro fatto da tantissimi dettagli che Allen amava tanto (gratuitamente, quindi sicuramente sinceramente), e tanto seguiva, volendoli raccontare a tutto il mondo: un “concierge” che accoglie il cliente all’ingresso con un caloroso benvenuto, prodotti da guardare, toccare e provare, istruzioni personalizzate, le mattonelle, il legno, i pannelli, la scalinata di vetro a spirale. E la pulizia: “Sono tanto meticolosi sulla pulizia delle finestre, dei pavimenti e degli scaffali al punto di sembrare assurdi. Ma è in quella meticolosità e in quella ossessione che giace la differenza”.

Un’attenzione ai dettagli che la dicono lunga sulla stoffa del brand, sulla stoffa di Apple (come vi abbiamo già scritto qui). Un’attenzione ai dettagli che rendono – come testimonia Allen – l’esperienza del cliente magica e memorabile. E degna di essere raccontata a gran voce.

Italian Customer Intelligence propone un percorso per rendere la Customer Experience che proponi ai tuoi clienti “magica, memorabile e degna di essere raccontata a gran voce”..

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CUSTOMER EXPERIENCE & SOCIAL MEDIA

La Starwood Hotels and Resorts Worlwide è una catena alberghiera del Connecticut che gestisce hotel, resort, spa e residence in tutto il mondo. Tra i suoi brand si possono elencare Westin, Sheraton, Le Méridien, St. Regis, Four Points e tanti altri.

Per seguire i suoi moltissimi clienti prima dopo e durante il loro soggiorno, la Starwood, attraverso 3.000 associati in tutto il mondo, gestisce dieci Customer Care Centers, uno per ognuno dei suoi brand.

Ogni anno 16 milioni di chiamate, 3 milioni di email, 500 mila sessioni di chat, 24 lingue, 24 ore al giorno, 7 giorni la settimana. Il tutto gestito centralmente da un Customer Contact Centers & Electronic Distribution, dedito all’organizzazione delle risorse necessarie a servire la grandissima varietà di necessità e aspettative di una clientela estremamente eterogenea. Necessità e aspettative che – secondo le parole del suo Senior Vice President, Micheal English, intervistato in merito da Forbes – si diversificano dalla “lingua, alla personalizzazione, alla cultura, alle differenze geografiche”.

Per stare al passo con i tempi e meglio servire i clienti, English segnala l’importante lavoro che il Customer Service di Starwood compie sui Social Network dove un team di 30 persone che parlano 26 lingue differenti sono costantemente online sulle piattaforme social più disparate intorno al mondo per poter raggiungere e farsi raggiungere dai propri ospiti nel modo più comodo e semplice.

Lo scopo di questo lavoro nasce dal “desiderio di creare una connessione con ogni singolo ospite in un modo che possa differenziare l’esperienza che offriamo noi da tutte le altre”, afferma English, che prosegue: “I Social Media costituiscono una piattaforma estremamente potente per la creazione di profonde connessioni con i clienti, dei quali scopriamo qualcosa di più ad ogni interazione, riuscendo così a migliorare e personalizzare sempre più la loro esperienza nei nostri alberghi”.

Un esempio dell’attenzione personale che Starwood Hotels and Resorts Worldwide pone ad ogni suo cliente ci viene proprio da un Social Media: Ian segnala un disagio durante il suo soggiorno e riceve un omaggio e una lettera (scritta a mano..!) di scuse. Esperienza? Above & Beyond!!! Che, raccontata sui Social Network, genera un passaparola a portata di clic enorme!!

Starwood

Italian Customer Intelligence propone un percorso proprio per apprendere le best practice per offrire ai propri clienti una Customer Experience superiore. Scopri di più

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E TU HAI MAI CONSIGLIATO ESSELUNGA?

L’edizione 2015 della ricerca “What really shapes the Customer Experience”, svolta dal The Boston Consulting Group, ha evidenziato quali sono, nel mondo, i brand di cui si parla di più. O meglio, quali sono i brand più raccomandanti e consigliati dai consumatori.

227 mila intervistati (clienti, non clienti o ex clienti) in otto Paesi hanno decretato i “top recommended brand” di sette diversi settori. Una sola domanda: “Hai mai consigliato quel brand?”.

Ecco quanto emerso dalla ricerca:

  • Il consiglio di amici e conoscenti è ancora e di gran lunga il più gettonato e “ascoltato” dai consumatori (a scapito di canali online e digitali).
  • Il cliente che ha vissuto un’eccellente Customer Experience diventa un grande fan del brand facendogli molta pubblicità tra amici e conoscenti, spende significativamente di più ed è molto più fedele di chi non ha vissuto una Customer Experience soddisfacente.
  • Un buon rapporto qualità/prezzo, customer service, qualità ed efficacia del prodotto e connessione emotiva con il brand sono i quattro fattori che più influenzano il passaparola di un cliente.
  • I primi tre fattori sono “conditio sine qua non” perché un brand possa ottenere delle buone referenze dai suoi clienti, ma il fattore emotivo ha un ruolo decisivo per decretare il successo rispetto alla concorrenza.
  • I fattori emotivi che incrementano il successo del passaparola di un brand possono essere l’identificazione del cliente con il brand stesso, la responsabilità sociale, l’innovazione e l’affidabilità.
  • Non sempre player grandi o conosciuti sono rientrati in questa classifica: questo è dovuto al fatto che spesso brand più piccoli creano una solida base di clienti affezionati ai quali offrono un’eccellente Customer Experience, al contrario di brand più diffusi su larga scala che danno ai loro clienti più “cose nuove” di cui parlare.

Ecco dunque la lista dei brand più raccomandati del 2015.

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Salta all’occhio un curioso particolare: sembra che noi italiani siamo molto incisivi ed efficaci quando si tratta di promuovere un brand. E siamo così entusiasti di un’azienda di supermercati nostrana da farla balzare agli onori della cronaca fino al terzo posto nel suo settore in tutto il mondo. Esselunga, con 95 superstore e 56 supermarket in sole sei regioni italiane, ha, infatti, ottenuto punteggi molto vicini a due “colleghi” americani.

Per sapere come migliorare il passaparola che genera il tuo brand, scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

RESTAURANT EXPERIENCE STRATEGY PER AVVENTORI FELICI E FEDELI

Spesso i brand spendono enormi budget in marketing per attirare nuovi clienti all’interno dei propri negozi, dimenticandosi, però, che, una volta entrato, il Cliente deve essere trattenuto, prima, e, successivamente, deve essere convinto a tornare.

Quindi, se da una parte è fondamentale per un brand attrarre nuovi clienti per costruire le basi di un solido successo, dall’altra, sicuramente, la sua continua crescita dipenderà in larga parte da quei Clienti che, sorpresi, soddisfatti ed entusiasti della loro esperienza, vorranno tornare. O, meglio ancora, vorranno consigliare il brand ad amici e colleghi.

D’altra parte, qual è il momento in cui il Cliente è più propenso a “dare retta” a quello che il brand ha da dire, se non quando si prende del tempo per frequentare il suo negozio, il suo store o il suo locale? Pubblicità online e offline, per quanto impressionanti, possono cogliere il Cliente occupato in altre faccende e quindi poco attento o propenso ad accettare input. Ma quando entra in negozio, è quello il momento in cui “abbassa le difese” ed è pronto ad essere “sopraffatto” dalla proposta del brand. Che, ovviamente, deve essere assolutamente all’altezza delle aspettative di un sempre più esigente Cliente.

Oltretutto, investire nel cosiddetto “in store marketing” non è neanche particolarmente oneroso, dal momento che si tratta di accorgimenti che in ogni caso dovrebbero essere messi in atto, facendo parte del layout e del format dello store. Si tratta di un’occasione unica, inoltre, per raccontare al Cliente la propria storia, i propri valori, la propria identità, per creare quell’affinità ed empatia che porterà il Cliente a diventare portavoce del brand nel suo mondo (piccolo, ma più facilmente abbastanza esteso, se ricordiamo la viralità dei social network!).

Prendiamo, per esempio, il caso di un ristorante, di un bar, una pizzeria o una gelateria: a seconda della tipologia di locale e del suo target, ogni attività deve stampare il packaging per il takeaway (leggi qui), vassoi o vaschette, tovagliette e tovaglioli e così via.. Secondo Mike Wolfsohn, della High Wide & Handsome, agenzia di comunicazione californiana, “si tratta di materiali che rientrano dei normali budget dei ristoranti e che vengono comunque prodotti e utilizzati. Sono quindi il mezzo perfetto per diffondere il proprio messaggio senza aumentare le spese”.

Proprio nel momento in cui il Cliente si è preso il tempo per sedersi e dedicare qualche minuto (nella peggiore delle ipotesi) al proprio pasto.

La Product Evaluation Inc, società di ricerca specializzata nel “food service” nello stato dell’Illinois, ha effettuato una ricerca tra gli avventori abituali di alcuni ristoranti di età tra i 18 e i 65 anni per identificare quali fossero i messaggi e i mezzi che più veicolano la fedeltà dei clienti e il loro passaparola. Tovaglie, tovagliette, porta tovaglioli e menu sono gli oggetti migliori per attirare e trattenere l’attenzione dei clienti.

Inoltre, il 65% dei degli intervistati segnala di essere particolarmente interessato a notizie sugli sforzi del brand in senso ambientale: informazioni sul riciclaggio dei materiali, descrizioni sull’uso dell’energia o sulle tecniche di costruzione dei locali.

Il servizio, ovviamente, è uno strumento potentissimo di marketing all’interno del ristorante (come abbiamo dettagliatamente analizzato nella nostra indagine sulla delicata fase dell’accoglienza all’interno dei locali milanesi), in grado di “dirla lunga” su identità e valori del brand.

Creare un’esperienza estremamente soddisfacente per il Cliente all’interno del proprio store faciliterà la nascita e la diffusione di un passaparola in grado di aumentare quella base sulla quale si fonderà il successo del brand. Le opportunità per creare una Customer Experience a prova del cliente più esigente sono molte e sono chiamate “touchpoint”: si tratta delle diverse occasioni che il Cliente ha di entrare in contatto con l’azienda e con il brand. Italian Customer Intelligence ha intrapreso un viaggio attraverso i touchpoint di diversi settori: scopri quelli della Ristorazione e del Fashion Retail!

Non perdere la rubrica e trova tanti consigli utili per il tuo brand!

ZAPPOS E IL MARKETING TOOL CHE L’HA RESA GRANDE

In Italia forse non tutti conoscono Zappos (www.zappos.com), ma negli Stati Uniti è un vero gigante, tanto da aver attirato l’attenzione di Amazon che l’ha acquisita per 1 miliardo e 200 milioni di dollari, “concedendole” di mantenere la propria cultura aziendale e il controllo dell’intera customer experience.

Zappos: scarpe (e non solo)

Zappos è nata nel 1999 come retail online di scarpe con il nome ShoeSite. Solo qualche mese dopo, il cambio di nome (una storpiatura del termine spagnolo “zapatos”, scarpe) per non precludersi la possibilità di vendere altri tipi di prodotti. Obiettivo, questo, raggiunto nel 2007, con l’apertura del canale anche a borse, occhialeria, abbigliamento, orologeria e giocattoli per bambini.

L’80% del business di Zappos rimane sulle calzature, ma il 20% restante è in rapida crescita.

Qual è il segreto dietro il successo di Zappos?

La risposta arriva chiara e precisa dal Customer Loyalty Team di Zappos: “L’interazione con i nostri clienti è stato il marketing tool più efficace che abbiamo utilizzato da quando esiste Zappos. Soprattutto all’inizio, quando non c’erano grosse risorse da inserire nel marketing, abbiamo deciso di fornire ai nostri clienti il miglior servizio di assistenza possibile, che è risultato essere la strategia migliore per generare passaparola”. Ossia clienti promoter che, entusiasti del brand, lo promuovono ad amici e colleghi. Clienti che sono così felici che ritornano sempre, tanto che ben il 75% del business di Zappos dipende da clienti che ritornano.

Alla luce di ciò, non stupisce la ricerca di IQ che vi avevamo riportato qualche tempo fa (vedi qui), che illustrava come il servizio di assistenza al cliente influisca per addirittura il 45% del punteggio di Net Promoter Score di un’azienda.

Come avere il miglior customer service

In Zappos, in media, gli operatori rispondono a 5.000 chiamate al mese e a 1.200 email alla settimana (quando non è periodo di festività). Non hanno un copione da seguire e non c’è un limite al tempo della chiamata (la più lunga registrata è stata di 10 ore e 29 minuti).

Oltretutto, sono sempre incoraggiati ad andare oltre il tradizionale servizio di assistenza: ha fatto storia, in Zappos, l’episodio per cui una sera il CEO Tony Hsieh scommesse con un rappresentate di Sketchers, nota azienda di calzature americana, che se avesse chiamato la linea verde di Zappos, l’operatore sarebbe stato in grado di segnalargli la pizzeria più vicina con servizio a domicilio. Detto fatto: in due minuti l’addetto, anche se inizialmente confuso, fornì un elenco di ben 5 pizzerie in zona.

Oppure quella volta che una cliente chiese di restituire un paio di stivali acquistati dal marito morto poco dopo in un incidente stradale: non solo l’operazione di reso fu estremamente facile per la signora, ma l’operatrice, il giorno seguente, le fece recapitare un mazzo di fiori con le condoglianze dell’azienda. Procedura, questa, che non ha avuto bisogno dell’approvazione di un superiore dell’addetta.

Questo perché, non avendo copione da seguire, se non la regola di “andare oltre il tradizionale servizio di assistenza”, i membri dei team di assistenza hanno – nella maggior parte dei casi – la libertà di prendere in autonomia decisioni come quella di assegnare un coupon di sconto come scusa per un pacco inviato difettoso.

Insomma, un servizio così non può che innescare un passaparola molto positivo che, Zappos docet, è il migliore strumento di marketing. Oltretutto totalmente gratuito!

Un suggerimento per avere un customer service a prova di passaparola arriva dritto dritto da Jane Judd, già Senior Manager del Customer Loyalty Team di Zappos: “Prendetevi il tempo necessario per assumere il vostro personale. La cultura si trasmette dall’alto e poi sono le persone che portate in azienda che hanno il compito di mantenerla viva. Potete formare le persone a rispondere alle telefonate, ma non potete formare qualcuno a essere positivo e felice. Assumete le persone giuste e il resto verrà da sé. Delegate e date fiducia ai vostri dipendenti: quando avete cura di loro, loro poi saranno orgogliosi del loro lavoro. E questo aiuta molto a offrire un servizio eccellente”.

Italian Customer Intelligence ti aiuta a progettare il marketing tool più adatto alla tua azienda per innescare il passaparola positivo dei tuoi promoter. Scrivi a 

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