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PREZZI E PROMOZIONI, IL RESTO È POESIA!

C’è un grande, grandissimo mondo che è quello delle palestre e del fitness. Un mondo che – secondo recenti esperienze e racconti che ci sono giunti in redazione – è decisamente (in larga parte) fermo all’Era del Marketing.

L’Era del Marketing era quel periodo (finito ormai un lustro fa) nel quale la leva strategica era l’offerta e la capacità dell’azienda e del brand di presentarla in modo accattivante ed efficace. Un periodo nel quale la leva del prezzo spesso aveva la meglio e nel quale la comunicazione del brand era tutta in mano all’azienda stessa.

Oggi sono diverse le catene di palestre che cercano il coinvolgimento di potenziali abbonati attraverso (insistenti) offerte al rilancio. Offerte super convenienti a un primo sguardo, ma che ti obbligano a una “fedeltà” forzata per lunghissimi periodi tempo, ad esempio: un abbonamento a 39,90 euro al mese (fantastico!) per la bellezza di 36 mesi!  “Che poi, se decidi che non vuoi più venire, è facile! Lo cedi a qualcuno. Però a noi il pagamento lo devi fare tu. Tu al limite ti fai pagare dalla persona a cui lo cedi!”

Offerte lanciate via email marketing, sms marketing, attraverso coupon online, telefonate alle più improbabili ore del giorno e della notte, ragazzi che ti fermano per strada proponendoti abbonamenti a metà prezzo. “Ma no, una giornata di prova non si può fare… Sai, se ti succede qualcosa… Però se ti iscrivi subito puoi portare il certificato medico tra una settimana, firmando una manleva di responsabilità in caso di incidenti perché è una cosa diversa!”.

Poi magari firmi il contratto: la palestra è bella, è comoda, ci sono dei bei corsi! E poi questa volta davvero vuoi impegnarti per tornare in forma! E lì, dopo la firmetta sul contratto ti viene sbrigativamente mostrata la palestra e saluti e baci (“Buy… Bye Bye!, ricordate qui?). Fai pure fatica a estrapolare qualche consiglio al personale in sala perché non hai acquistato l’opzione del personal trainer che monitora costantemente i tuoi risultati.

Ebbene, notizia dell’ultima ora (ma neanche tanto): siamo nell’Era del Cliente! L’offerta e il prezzo non fanno più la differenza! Se l’abbonato non vivrà una bella esperienza “in” palestra (indipendentemente dai risultati ottenuti con tanta fatica e sudore) e “con” la palestra, non tornerà più. E non ne parlerà bene ad amici e colleghi. O, peggio, ne parlerà male! Perché nell’Era del Cliente non è tanto facoltà del brand farsi (buona o cattiva) pubblicità, ma è piena prerogativa del cliente.

Questo è tanto evidente che le palestre che sono rimaste ancora al “vecchio” approccio hanno una lunghissima lista di “ex soci” o di “ex abbonati” che – appena finito il periodo dell’offerta – non rinnovano, nell’attesa che, magari, arrivi da qualche parte un’offerta più interessante del prezzo pieno dell’abbonamento.

Nell’Era del Cliente l’83% dei clienti è disposto a pagare di più in cambio di una Customer Experience superiore (contrariamente, “sfrutterà” l’occasione di sconti e promozioni, rivolgendosi successivamente a un competitor). E, guarda caso, proprio la Customer Experience è strettamente legata alla fedeltà al brand e al tasso di passaparola positivo che il cliente è disposto a spendere.

Non è un caso, in questo senso, la mancanza nel settore di uno storytelling significativo da parte del cliente: sintomo dell’assenza di una rigorosa progettazione della Customer Experience a partire proprio dall’esperienza del cliente in funzione delle promesse che il brand vuole trasmettergli e fargli vivere.

È ora di iniziare un po’ di work out sulla Customer Experience!

SARAGHINA E LA SCALATA DELLA PIRAMIDE DELLA CUSTOMER EXPERIENCE

In una Customer Experience superiore, come già abbiamo scritto e ripetuto, le interazioni del cliente con il brand, si realizzano, secondo il modello della piramide (approfondisci qui), attraverso tre livelli: soddisfazione delle esigenze, facilità e piacevolezza.

Modello della piramide della Customer Experience.
Modello della piramide della Customer Experience.

Oggi parleremo di un giovane marchio che, investendo sull’interazione cliente-brand dal punto vista emozionale e sensoriale, sta raggiungendo con successo la vetta di quella piramide, offrendo a ogni cliente un’esperienza piacevole, gradevole e, per questo, indimenticabile.

Si tratta di Saraghina Eyewear, un brand di occhiali fondato nel 2013 a Rimini, in riva all’Adriatico, su quello stesso tratto di mare in cui, da sempre, dimora l’omonimo pesce. Semplice, povero, accessibile a chiunque ma allo stesso tempo ricco di gusto e di sostanza. Tutte caratteristiche che il marchio Saraghina ha saputo declinare a proprio vantaggio, facendone la propria fonte d’ispirazione.

Ma acquistare un paio di questi occhiali non significa soltanto fare una scelta di stile, di qualità e allo stesso tempo economica. Acquistare un paio di Saraghina significa muoversi e immergersi lungo un percorso preciso che rispecchia un certo mondo, quello genuino e popolare della Romagna, con il suo mare, il suo pesce e i suoi pescatori. Un mondo che risveglia emozioni grazie a colpi di storytelling intelligente e a trovate acute e simpatiche, dal sapore semplice.

Un esempio lampante è il curato packaging che, chi acquista il prodotto tramite ecommerce, riceve a casa assieme ad un certificato che cita: “Complimenti! Lei ha acquistato 30 g di Saraghina dell’Adriatico.” Oppure, un’altra trovata geniale è, senza dubbio, l’astuccio per contenere gli occhiali a forma di scatoletta di tonno. Una custodia in grado di trasformarsi in un gadget simpatico e carino da tenere orgogliosamente sulla propria scrivania.

È attraverso questi particolari ed elementi che ruotano attorno al prodotto che Saraghina ha trovato la formula giusta: un mood personalissimo per presentarsi ai clienti ed offrire loro un’esperienza d’acquisto assolutamente vivace e memorabile. Tanto memorabile da far scattare un passaparola inesorabile e vincente, grazie al quale Saraghina è riuscita a raggiungere persone di ogni tipo, da quelle più semplici e comuni fino alle quelle più celebri e solitamente irraggiungibili per un piccolo marchio. Come per esempio, il presentatore televisivo Paolo Bonolis e la top-model Kate Moss.

Italian Customer Intellingence ti aiuta a progettare per i tuoi clienti un’esperienza che scali la vetta della piramide della Customer Esperience.

SFIORARE IL FAST CASUAL: ROMAGNOLO E STRAMPALATO

strampalatoDietro al motto Buono, Sano, Fatto a Mano, è cominciata da qualche anno a Rimini una simpatica storia dove la passione per materie prime di alta qualità e una tradizione made in Romagna fanno da protagonisti.

In via Destra del Porto, tra storici ristoranti di pesce, se ne sta Strampalato. Giovane e scanzonato, ha deciso di adottare fin dalla nascita uno storytelling che strizza l’occhio al cliente e lo conquista a forza di STRA.

strampalato2Lo STRAmenù tra offerte di panini, hamburger, e piadine solletica la fantasia. Perché mangiare degli strozzapreti al ragù di chianina, non è come mettere in bocca degli STRAngolapreti. E raccontare ai propri amici che ieri abbiamo mangiato delle alici STRAfelici accompagnate da una STRAmba è certamente molto cool. Qualche obiezione? Se ve ne sono rimaste, allora beccatevi questa. Barattare dei miseri bocconcini di Pollo per una bella PollaSTRA. Chi non lo farebbe?

Invenzioni lessicali a parte, Strampalato, con i suoi piatti sempre preparati sul momento, le sue combinazioni azzeccate e l’utilizzo di prodotti a km zero, conquista anche il palato oltre che la fantasia.

Una realtà assolutamente Fast Casual dunque, dove del Fast Food è rimasta soltanto la mancanza del servizio al tavolo.

Ma questa non è una critica ma solo una constatazione. Perché in questa ambientazione così vivace e vintage, sedie diverse l’una dall’altra e tavoli in legno, in questa atmosfera così familiare ed accogliente, il cliente si sente a casa e non pretende di essere servito.

Se vi è venuta voglia di conoscere meglio questa ciurma di simpaticissimi romagnoli, ecco il link alla loro pagina di presentazione. Il sorriso è garantito!

DE SANTIS: LA STORIA SI È FATTA PANINO

Se vi è capitato di passeggiare per il centralissimo Corso Magenta a Milano, vi sarete sicuramente imbattuti in un locale dal fascino retro, nel quale la storia si è fatta panino: Panini De Santis.

“Una rosa è una rosa è una rosa è una rosa” scriveva Gertrude Stein. Può darsi. Quello di cui siamo certi è che un panino non è un panino non è un panino non è un panino. Potrebbero assomigliarsi, stesi nella loro vetrina, ma c’è un panino con quel qualcosa in più che lo fa essere indimenticabile, raccontabile, digeribile, vogliosamente ripetibile”

cita il “Manifesto” appeso nella piccola saletta del locale e abbiamo deciso di andare a verificare se anche l’accoglienza che offre Panini De Santis “non è accoglienza non è accoglienza non è accoglienza” e sia davvero indimenticabile come la qualità dei loro panini.

L’insegna dal meraviglioso gusto anni ’80, scritta bianca su sfondo verde, rende ben visibile il piccolissimo locale, che presenta all’esterno un piccolo bancone con tre sgabelli su cui una famiglia si sta gustando il suo buon panino.

Lo sticker applicato all’ingresso “Da un piccolo posto…nasce il panino più buono del mondo” non fa che predisporci positivamente all’esperienza e caricarci di ottime aspettative.

Abbiamo la sensazione di entrare “in un pezzo di storia”: il legno scuro degli arredi, del bancone, i lampadari stile liberty, le travi di legno scuro sul soffitto, che contrastano con il bianco delle pareti, le mensole e le fotografie appese, ci trasmettono l’affascinante percezione che il locale ha una storia da raccontare e si capisce che quei panini hanno incontrato il palato di tantissime persone e tra poco sarà anche il nostro turno.

Appena varcata la porta d’ingresso, veniamo subito accolti da un caloroso e sorridente saluto da un ragazzo che prepara i panini al momento e questo ci riporta alla realtà e ci fa sentire “a casa”.

Sulla destra invece troviamo un bancone che percorre tutto il locale e sul muro troviamo un menu incorniciato con tantissimi panini divisi per ingrediente principale. Abbiamo l’imbarazzo della scelta, ma dopo una carrellata decidiamo da quale panino lasciarci deliziare e ci avviciniamo alla cassa per ordinare e pagare.

La ragazza in cassa mantiene un approccio discreto, ma professionale: la giusta complementarità dell’accoglienza è data dal ragazzo che ci ha salutato all’ingresso. Ha cercato subito spunti di dialogo simpatici con noi, per intrattenerci durante l’attesa della preparazione del panino, strappandoci qualche sorriso e predisponendoci positivamente all’esperienza.

Inoltre notiamo che saluta i clienti abituali per nome, scambiando con loro un dialogo estremamente cordiale.

La ragazza ci invita ad accomodarci in uno dei tavolini della saletta situata in fondo al locale e ci avvisa che ci avrebbe portato al tavolo il panino.

Ci accomodiamo sul tavolino che presenta solo un porta tovaglioli in metallo, anche questo in assoluta concordanza con lo stile del locale e notiamo che la bottiglia d’acqua è brandizzata. Un tocco di classe.

Mentre attendiamo il nostro panino, ci guardiamo intorno e siamo circondati da fotografie con dedica di artisti del calibro di Sofia Loren, Luciano Pavarotti e mi piace pensare che anche loro, un giorno, siano passati per questi metri quadri.

E come successo al momento dell’ingresso, mentre stavamo fantasticando sulla storia di questo locale magico, ecco che un’altra situazione positiva ci riporta alla realtà: ecco finalmente il nostro panino.

La cameriera ripete il nome del panino, appoggiandolo con grazia sul tavolo e augurandoci “Buon appetito”.

Tutte le nostre aspettative, hanno trovato la loro giusta soddisfazione: non solo la bontà del panino, ma il viaggio nella storia che abbiamo vissuto entrando in Panini De Santis non ha prezzo!

Panini De Santis racconta il suo passato mostrando se stesso, nella versione più vera e autentica.

Non solo il contesto e gli arredi immutati fa percepire al cliente di entrare nel “cuore” di Panini De Santis, dove tutto ebbe inizio, ma trasmette al cliente una sensazione di fiducia e di sicurezza non solo per la qualità dei panini, ma per tutta l’esperienza che andrà a vivere. Quell’esperienza “con quel qualcosa in più che la fa essere indimenticabile, raccontabile….e vogliosamente ripetibile”.

VASINIKO: LO STORYTELLING CHE CONQUISTA IL CLIENTE

Oggi vi parliamo di Vasiniko: ristorante pizzeria napoletano aperto da pochi mesi in piazza XXV Aprile (Corso Garibaldi) a Milano.https://ili6.files.wordpress.com/2012/05/basilico-ok.jpg

ll nome deriva dal termine Vasinicola, traduzione dal dialetto napoletano di basilico, che rappresenta il filo conduttore di tutto il concept del locale, non solo perché fa da ingrediente principe in moltissime ricette presenti nel menu, ma anche perché è presente anche negli elementi di arredo color verde acceso che creano un contrasto vivace con il bianco e il grigio del resto degli arredamenti.

Ma ciò che rende vivace Vasiniko non è solo il color verde degli arredi, ma è anche e soprattutto l’accoglienza che il personale di sala è in grado di offrire ai propri clienti: in base alla nostra esperienza, rappresenta il vero elemento differenziante di Vasiniko (senza nulla togliere alla qualità e bontà dei loro piatti).

Il locale è grandissimo ed è proprio impossibile non notare le grandi vetrine con l’insegna che affacciano sia su corso Garibaldi, che su piazza 25 Aprile e dalle quali si può sbirciare l’interno: i molti tavoli sono posizionati in modo da garantire ampio spazio ai clienti sia per la seduta che per il passaggio.

È ora di pranzo e il locale è molto affollato (soprattutto alla cassa), ma proprio per gli ampi spazi appena descritti, non trasmette una sensazione di caos, ma anzi ci invoglia proprio a entrare.

Non abbiamo ancora varcato la soglia dell’ingresso che veniamo subito accolti dal saluto e dal sorriso discreto, ma professionale di colui che immaginiamo essere il titolare: comunicatogli il nostro desiderio di mangiare, subito si rivolge a un cameriere chiedendo se gentilmente poteva accompagnarci al tavolo e così, nel giro di pochi secondi, ci siamo accomodati.

Come abbiamo già più volte anticipato (leggi qui), il sorriso e il saluto sono la condicio sine qua non per predisporre positivamente il cliente all’esperienza che sta per vivere, ma è importante anche trasmettergli che “è in buone mani”, dando già dimostrazione positiva del luogo e delle persone che aiuteranno a fargli vivere una customer experience davvero superiore.

Come? Proprio come fa Vasiniko! Rivolgendosi ai clienti con professionalità, comunicando con i colleghi o i propri dipendenti con complicità, rispetto e tranquillità, senza trasmette al cliente rapporti tesi e gestendo il momento tra l’ingresso e l’accomodamento nel più breve tempo possibile e senza frenesia.

Ma l’aspetto più interessante della nostra personale customer experience è stato il momento successivo all’accomodamento, ossia quando abbiamo avuto il contatto con il cameriere che ci avrebbe poi servito per tutto il pranzo. Subito dopo l’accomodamento, il cameriere si è premurato di chiederci se conoscevamo le offerte del pranzo e con passione e disponibilità ci ha spiegato il menu e le varie combinazioni possibili.

Dopo averci lasciato un po’ di tempo, decidiamo di prendere un’insalata (la prova costume pesa come una spada di Damocle). Al contrario di molti colleghi di altri locali che semplicemente accolgono le ordinazioni del cliente senza particolare entusiasmo, il cameriere ha colto subito l’occasione per farci vivere un’esperienza in cui si sono mescolate emozioni, tradizioni e le storie di ognuno di noi in una chiave tutta partenopea.

“Ma come Signorine? Con tutte questo ben di Dio, prendete l’insalata?” mi dice il cameriere con un marcato accento napoletano. La sua simpatia è incredibile, si instaura subito una conversazione che ci regala sorrisi e divertimento: si scherza sulla scelta da lui ritenuta troppo dietetica, rispetto ad altri piatti (ovviamente) più succulenti.

http://www.guesthotel.net/uploads/image/posillipo1.jpgChiedendo poi un consiglio su quale insalata fosse migliore tra la “Posillipo” e la “Caracciolo”, la sua risposta è stata una vera e propria lezione di “storytelling, da fare dispetto a tutti i massimi esperti del settore: Sono entrambe due zone bellissime di Napoli, ma io personalmente preferisco Posillipo, perché è un borgo incantevole sul mare e si sta benissimo”.

Senza dubbio alcuno, abbiamo ordinato l’insalata Posillipo.

Il cameriere ha traslato la situazione in un mondo parallelo, parlando di una storia, la sua, la nostra: parlava della sua città con gli occhi che brillavano e ci ha fatto viaggiare con la fantasia, al punto che immaginare la bellezza del posto, ci ha fatto pregustare la bellezza (e bontà del piatto).

Aspettativa che non è stata delusa: l’insalata è un’esplosione di colori, profumi e abbiamo la sensazione di “assaggiare un pezzo di Napoli”.

Ecco come Vasiniko fa innamorare i propri clienti e li fa diventare promoter. Racconta loro la sua storia, la storia dei suoi prodotti e li fa sognare, facendo superare le loro aspettative, sorprendendoli ed entusiasmandoli, proprio come ha fatto con noi. Ecco quindi il nostro giudizio:

Scrivi a press@newsandcustomerexperience.it per scoprire come costruire al meglio lo storytelling dei tuoi prodotti e della tua azienda e far diventare promoter i tuoi clienti.

LE ORECCHIETTE FATTE IN CASA FANNO STORIA A DUBAI

Alice Scuratti, 31 enne, Milanese. Un lavoro da commercialista che non la soddisfa, una forte passione per la cucina italiana e una voglia estrema di cambiare vita.

FC05“Quando lavoravo in studio, mi annoiavo così tanto che nei momenti morti mi fissavo sui food blog”, ci racconta. Così nel 2013, decide di “darci un taglio” e iniziare una nuova avventura: insieme al fidanzato, una valigia piena di speranza e tanti punti di domanda, si trasferisce nella “New York del Golfo Persico”, Dubai!

Accorgendosi del forte gap tra ciò che è cibo italiano e ciò che viene presentato come tale, Alice inizia fare lezioni di cucina a domicilio a persone di tutte le età, cultura ed estrazione, raccontando la tradizione culinaria italiana e dando vita al progetto “Fatto in Casa”.

Che cos’è Fatto in Casa?

Fatto in Casa è un brand che offre consulenza ai ristoranti italiani gestiti da persone straniere in tema food, partecipa a eventi importanti, come il Dubai Food Festival, collabora con i ristoranti italiani che hanno sede a Dubai, organizzando corsi di cucina, workshop, eventi:

“Noi offriamo expertise, mani d’oro e le facce da ‘italiane a Dubai’, loro la struttura

La formula è semplice, ma geniale. “Siamo un gruppo di donne italiane che vive a Dubai, che ama la cucina italiana e che ha deciso di mettersi in gioco, condividendo quello che ha sempre imparato: non delle semplici ricette, bensì CASA NOSTRA. È questa la marcia in più: dietro la mia crostata alla ricotta, c’è mia madre, mia nonna! E poi conosciamo l’origine dei prodotti che vendiamo, siamo dei romantici in fondo. Dallo chef al cameriere, quando vendiamo un piatto, raccontiamo una storia. La nostra”.

Uno storytelling tutto tricolore, che coinvolge i cinque sensi dei loro clienti, perché non assaggiano solo piatti della cucina italiana, ma assaporano un pezzo della nostra tradizione.

FC03Alice racconta una storia che non è un ricordo da rinverdire, ma è un’attualità da comunicare attraverso tutti i piatti che prepara o che insegna a preparare, facendo vivere quei rapporti a cui la ricetta è legata e da cui lei non vuole separarsi.

Per Alice le tradizioni si tramandano, se si tramandano i rapporti che le rendono attuali. In più, poiché per lei non si può separare la tradizione di una ricetta dalla persona in carne e ossa a cui essa è intrinsecamente collegata, ne crea uno tutto nuovo con il cliente e lo fa entrare nell’essenza stessa della ricetta, fatta di emozione, di storia, di ricordi di cui Alice e Fatto in Casa rappresenta solo il primo passo.

fattoincasaBurj2Il resto lo farà il cliente, che ogni volta che assaggerà quella crostata di ricotta penserà all’esperienza vissuta e la tramanderà a sua volta.

Fatto in Casa è l’esempio perfetto per capire che il cliente vuole sentirsi partecipe del brand e contribuire alla sua essenza, innamorarsi di una storia. Non basta la qualità dei prodotti, bisogna saperli raccontare, soprattutto a chi non li conosce (o crede che gli “spaghetti pollo palla”, amatissimi a Dubai, rappresentino l’Italia).

Solo così il cliente diventa a sua volta narratore della nostra storia.

Italian Customer Intelligence, con Stefano Damonti e Mario Sala promuove un seminario per acquisire concrete indicazioni su come costruire le storie dei propri prodotti e della propria azienda, in grado di fare innamorare per sempre i loro clienti.

Per avere informazioni sul seminario scrivi a: info@italiancustomerintelligence.it

STORYTELLING E CUSTOMER EXPERIENCE

La vita di tutti noi è quotidianamente avvolta in una fitta rete narrativa che stimola i nostri pensieri, suscita le nostre emozioni e determina le nostre decisioni di consenso e di acquisto.

Fare storytelling significa utilizzare i principi della retorica e della narratologia per creare racconti influenzanti in cui i vari pubblici possano riconoscersi.

Bene, stiamo parlando di racconti. Allora avremmo potuto iniziare questo articolo con: “C’era una volta …” come nelle care vecchie fiabe di quando eravamo bambini. Invece no. Non abbiamo più tempo per il passato!

Oggi siamo immersi in tante storie. Raccontiamo storie. Ascoltiamo storie. È l’era del prosuming. Siamo tutti produttori e consumatori. I clienti parlano delle aziende e dei loro prodotti. Esprimono la loro soddisfazione o insoddisfazione. Manifestano i loro desideri e le loro aspettative. Non hanno problemi a dire se una cosa è buona o cattiva. Lo dicono e basta!

Nell’era della comunicazione globale un’impresa non può nascondersi o far finta di nulla. Se un’azienda non comunica il suo brand, i clienti lo faranno per lei. Con tutte le conseguenze del caso. Ricordiamo alcune importanti tesi contenute nel libro “The Cluetrain Manifesto” (1999): “I mercati sono conversazioni” e poi “Le conversazioni tra esseri umani suonano umane. E si svolgono con voce umana”.

Le aziende non possono più limitarsi a descrivere un prodotto. Oggi il pubblico deve innamorarsi di una filosofia. Deve sentirsi partecipe di quel brand. Deve viverlo con tutti i cinque sensi.

Il nostro brand deve essere posto all’interno di una vera e propria trama che coinvolga i consumatori. Più i nostri clienti sono interessati alle nostre storie più sentiranno il bisogno di ascoltarne altre e di conoscerci ancora meglio.

Lo storytelling è l’arte di “incollare” una persona a un racconto. L’uso di storie può far si che nelle persone si sedimenti ciò che stiamo dicendo, attraverso l’immaginazione e l’esperienza. Le storie insegnano!

In fin dei conti l’uomo racconta storie da quando abitava nelle caverne (basta vedere i vari disegni sulle pareti delle grotte). I grandi pubblicitari di tutti i tempi, attraverso le storie, hanno lasciato messaggi indimenticabili. Hanno creato personaggi e slogan che non invecchieranno mai.

Ma non pensiamo che lo storyteller sia un tipo logorroico! Oggi la comunicazione passa anche attraverso gli smartphone e i tablet. Oggi si leggono e ascoltano storie anche al rosso di un semaforo, nella calca del metrò, in fila all’ufficio postale, insomma ovunque …

Non possiamo permetterci di essere noiosi e far perdere tempo ai nostri ascoltatori.

Le nostre storie devono essere appassionanti. Devono emozionare il pubblico. Devono rimanere ben impresse nella mente e nel cuore dei nostri clienti. Le storie sono fatte per essere raccontate ancora e poi ancora. I nostri consumatori saranno i futuri narratori delle nostre storie.

Per creare belle storie abbiamo bisogno di buone competenze narrative. Imparare a raccontare sembra facile. Talvolta non è proprio così. Proviamo per un attimo a metterci nei panni dell’ascoltatore. Qual è il nostro stato d’animo davanti a un narratore noioso? Come ci sentiamo quando chi è di fronte a noi utilizza parole ed esempi inadeguati? È un po’ come se ci stessero raccontando una barzelletta della quale conosciamo già il finale. Un sorriso di circostanza e nulla più.

Noi dobbiamo:

  • raccontare buone storie ben costruite
  • Sfruttare temi attuali e universali
  • Coinvolgere il nostro pubblico

Italian Customer Intelligence, con Stefano Damonti, Mario Sala e testimonianze convincenti, promuove un seminario per padroneggiare le tecniche del racconto e applicarle alla customer experience. I partecipanti avranno la possibilità di acquisire concrete indicazioni su come costruire le storie dei propri prodotti e della propria azienda. Impareranno a scegliere lo schema narrativo più adeguato ed il giusto linguaggio. Costruiranno trame e personaggi in grado di fare innamorare per sempre i loro clienti.

Per avere informazioni sul seminario scrivi a: press@newsancustomerexperience.it

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