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PERCHÈ REALIZZARE LA MAPPA DEL VIAGGIO DEL CLIENTE

Mappare tutti i punti di contatto tra il cliente e la vostra azienda è un passo fondamentale per offrire una customer experience superiore.

Italian Customer Intelligence riferisce che chi l’ha fatto si è trovato davanti ad aree di miglioramento sorprendenti e, spesso, da queste mappe, sono scaturite idee e progetti innovativi davvero significativi per il cliente. La prima sorpresa, generalmente, è la grande quantità di “touch points” nei quali il cliente matura giudizi sul brand, spesso trascurati dall’azienda e talvolta addirittura sconosciuti.

Una buona “journey map” consente, fra l’altro:

  • Di far focalizzare tutto l’ecosistema aziendale sui bisogni/desideri del cliente, sulla sua facilità di interazione con l’azienda e sulla piacevolezza della sua esperienza, in una parola, sulla “domanda”.
  • Di rivedere il contenuto del proprio direct marketing, newsletter e campagne di comunicazione troppo spesso focalizzate sulla propria “offerta”.
  • Di allineare le “promesse” del brand all’esperienza che effettivamente i clienti vivono con la vostra azienda o, specularmente, di offrire una customer experience, in ogni touch point, che sia effettivamente in linea con quanto il brand esplicitamente o implicitamente promette.
  • Viaggio del cliente
    Fonte: K.Bodine, H.Manning – “Clienti al centro” – Forrester Research.

    Di portare l’esperienza concreta del cliente in ogni tappa del suo viaggio (quando scopre il brand, quando valuta, quando acquista, quando utilizza i vostri prodotti, quando chiede assistenza) a chi produce, a chi distribuisce, organizza, amministra, vende.

  • Di semplificare l’azienda eliminando processi, regole, e prassi che non influiscono sull’esperienza del cliente o, addirittura, la danneggiano.
  • Di avere una visione per ogni cliente che non sia organizzata solo in “cluster” obsoleti le cui “redemption” sono in picchiata.
  • Identificare opportunità di misurazione fondamentali.

Nel corso introduttivo alla customer experience che Italian Customer Intelligence propone, una parte significativa è dedicata proprio al “da farsi” per mappare il viaggio del proprio cliente.

Per maggiori informazioni, scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

UNA CUSTOMER EXPERIENCE A METÀ È COME UN FILM SENZA STORIA

“Focalizzarsi solo su alcuni aspetti del proprio business e trascurare l’esperienza offerta al cliente nella sua interezza è come andare al cinema a vedere un film con una grande fotografia e bravissimi attori, ma senza storia”.

Scott McKain

Scott McKain è un esperto di customer experience nel mondo del retail e, nei suoi anni di studio e di esperienza nel settore, non ha potuto fare a meno di notare come i retailer stiano annaspando in un mercato dove il cliente è sempre più esigente e dove i confini tra online e offline si stanno sempre più assottigliando.

Per poter offrire quella che lui ha definito “ultimate customer experience”, la customer experience perfetta, i retailer (ma non solo!) devono connettersi con i loro clienti per tracciare la loro esperienza e le loro preferenze in ogni singolo touchpoint con l’azienda. I prezzi sono importanti, sicuramente. Ma lo sono anche gli addetti alla vendita, che oltre che cortesi devono anche essere competenti. Come lo sono il parcheggio, la vetrina, l’accoglienza quando si entra nel punto vendita, la disposizione dei prodotti, le luci, i camerini, i tempi di attesa alla cassa..

Una volta individuati tutti i punti di contatto che il cliente affronta nell’approccio con il retail e capita quale sia l’esperienza che si aspetta, è necessario identificare le azioni da compiere per poter soddisfare le sue esigenze. Sicuramente questo non è un lavoro semplice, in quanto spesso potrebbe richiedere di rivedere policies e procedure che “sono sempre state così” e, quindi, di ridistribuire le risorse, tanto economiche quanto umane.

Nel mercato dell’Era del Cliente, dove il consumatore non fatica ad “alzare i tacchi” se non si ritiene completamente soddisfatto (il 70% dei clienti insoddisfatti da un’azienda smette di rivolgersi a lei, optando – nel 64% dei casi – per un competitor), il suggerimento che McKain dà è di “creare ogni volta l’esperienza perfetta per ogni singolo cliente e per ogni singolo prospect”. Per ciascuno di loro, evidentemente, dal momento che alla base della soddisfazione c’è la personalizzazione (leggi qui).

Italian Customer Intelligence ti aiuta a individuare i touchpoint della tua azienda, a stabilire quelli più strategici per la relazione con il tuo cliente e a gettare le basi per un’offerta di una “ultimate customer experience”. Scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

FACILE O DIFFICILE? /1

Nell’era del cliente occorre focalizzarsi sulla concreta esperienza che ciascun cliente vive in ogni interazione con la vostra azienda. L’esperienza che proponete in ogni touch point è direttamente correlata con frequenza d’acquisto, “scontrino” medio, fedeltà e, addirittura, attrazione di investitori.

In ogni touch point, l’esperienza che il cliente vive viene giudicata “facile” se risponde ai bisogni e ai desideri del cliente, se è piacevole, se è in linea con la promessa che comunica il brand e se il tutto avviene in modo, appunto, facile.

Quindi, è facile o difficile fare affari con voi?

Ecco alcuni dei motivi più ricorrenti che rendono difficili e confuse le relazioni con i vostri clienti e che li fanno propendere per la concorrenza:

  • Li si perde nel vostro sito o nel vostro negozio;
  • Non sanno dove trovare quello che stanno cercando;
  • Non capiscono prezzi, sconti, promozioni;
  • Troppa scelta;
  • Troppe informazioni;
  • Informazioni scarse;
  • Incoerenza tra quello che il brand promette e quello che trovano;
  • Non percepiscono la differenza tra il vostro prodotto o servizio e quello del competitor;
  • Non comprendono la differenza tra i vari prodotti o servizi della vostra offerta.

Ma questo è solo un primo elenco…..

Italian Customer Intelligence propone un percorso per progettare e offrire al proprio clienteuna Customer Experience che lo conquisterà. Scopri di più:

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L’ULTIMA IMPRESSIONE È QUELLA CHE CONTA

Il viaggio del cliente è composto da diversi touch point, ossia di punti e momenti di contatto nei quali il cliente si crea un’idea e un’opinione dell’esperienza e della relazione che sta vivendo con un’azienda o un brand (approfondisci qui).

Come in ogni viaggio che si rispetti, c’è sempre un inizio e una fine. Conosciamo tutti l’importanza fondamentale della “prima impressione”, per la quale impieghiamo spesso e volentieri moltissima attenzione e dedizione.

Vista l’importanza e la delicatezza della questione, anche noi vi abbiamo dedicato un’intera rubrica, studiando e analizzando il caso particolare dell’ “accoglienza” nel settore della ristorazione milanese (vedi qui).

Ma, come in ogni cosa, c’è da considerare anche l’altro lato della medaglia che, in questo caso, è la fase del congedo, della chiusura e della fine (ci si augura momentanea) del viaggio del cliente: dovrebbe essere l’occasione perfetta per stupirlo con l’ultima – ottima – impressione.

In realtà, molte volte, questo è proprio il momento in cui lo sforzo e l’attenzione calano, è il momento che più si dà per scontato e nel quale le operazioni si affrettano precipitosamente (per l’impazienza di “passare al prossimo”..?).

Se ci pensate, di frequente questa delicata fase si conclude con qualcosa di molto poco personale come una fattura o uno sbrigativo “arrivederci!”, magari già con l’occhio al cliente successivo in coda, alla prossima email, o alla prossima pratica. Questa sì che è un’occasione sprecata per fare definitivamente colpo sul cliente! Una customer experience, per quanto ottima possa essersi dimostrata, se terminerà con un misero “ok” o con un “avanti il prossimo”, perderà tutto il fascino fin qui (non senza fatica) guadagnato.

Insomma, come in ogni tappa del viaggio del cliente e in ogni singolo touchpoint, anche nella fase di congedo l’esperienza deve essere personalizzata e memorabile, superando le aspettative del cliente. Un saluto e un sorriso sincero e cordiale sono sicuramente la regola base per confermare l’opinione del cliente riguardo il nostro servizio. Ma un’ulteriore personalizzazione può risultare definitivamente vincente. Salutare per nome, per esempio, se la situazione lo permette, può avvicinare ancora di più il cliente. Oppure consegnare il bigliettino da visita, piuttosto che chiedere “Posso fare altro per lei?”. O anche, adeguando il tono e il contenuto al contesto e alla storia che abbiamo con il cliente, augurare un buon viaggio o esprimere la speranza che l’oggetto/servizio acquistato sia/sia stato di gradimento. In alcuni casi potrà essere gradevole per il cliente ricevere un piccolo regalo o un piccolo gadget, anche in questo caso, adeguato al contesto e, soprattutto, all’identità del brand.

Italian Customer Intelligence ti aiuta a individuare i touchpoint che il cliente affronta durante il suo viaggio con la tua azienda per stabilire come offrire in ciascuno di essi una customer experience davvero superiore. Scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

CUSTOMER EXPERIENCE E OUTSTANDING REDEMPTION. EMIRATES LO SA BENE!

Quando si era ancora nell’Era del Marketing, cioè dell’arte di “vestire” sempre meglio la propria offerta per convincere a comprare, gli esperti valutavano le azioni di marketing in termini di “redemption”. E tutt’ora, chi crede di essere ancora in questa “Era”, si imbatte in redemption e indici di conversione all’acquisto sempre più ridotte, dando, ovviamente, colpa alla crisi e al fatto che il cliente ha sempre più offerta a disposizione e i mercati si fanno saturi che più saturi non si può…

Nell’Era del Cliente (quella che stiamo vivendo ora, clicca qui), l’argomento “customer experience” ha invece redemption evidentemente outstanding (clicca qui). Il segreto? Partire davvero dal bisogno/desiderio del cliente (che quindi va veramente conosciuto), dalla facilità con la quale deve poter interagire con l’azienda (semplicità è la parola d’ordine) e della piacevolezza dell’esperienza che gli si promette.

Già…è proprio l’allineamento tra le promesse (esplicite ed implicite) che un brand evoca e l’esperienza che realmente il cliente vive nei numerosissimi touch point con il brand che innalza quel livello di “customer experience” collegata direttamente con la frequenza di acquisto, il suo valore medio, la fedeltà del cliente e l’attrazione di investimenti.

Anche la pubblicità e la comunicazione di aziende che sanno mettere al centro l’esperienza del cliente, più che la propria offerta, hanno redemption maggiori: sono, in poche parole, più viste, più cliccate, più ricordate, più dibattute..

Con lo slogan “Concediti un’esperienza degna di una lussuosa spa durante il volo”, Emirates raccoglie consensi e “scatena” i promoters, i cosiddetti clienti super amanti di un brand che promuovono un gran passaparola, cioè la pubblicità più credibile che esista!

Per vedere l’esperienza proposta da Emirates clicca qui.

È VENERDÌ, QUANTO ABBIAMO LAVORATO PER IL CLIENTE? /3

Nell’Era del Cliente non si può pensare al cliente e lavorare per lui come fosse parte di un cluster che identifica parametri comuni a un gruppo, per lo più di tipo demografico e sociologico.

Questo approccio è tipico dell’Era precedente a quella del Cliente, cioè quella dell’Informazione o del Marketing, dove vigeva un approccio inside- out, ovvero dall’interno dell’azienda verso l’esterno, ovvero verso il cliente. Nella “Age of the Customer”, lavorare per il cliente significa portare valore alla sua esperienza concreta in ogni tipo di interazione col brand.

Per non essere di nuovo generici, col termine “esperienza concreta” intendiamo il valore che una attività/idea/decisione aziendale porta alla soddisfazione del bisogno/desiderio del cliente finale, alla facilità della sua interazione con la nostra azienda, alla piacevolezza dell’esperienza in ogni “touch point” per il quale si lavora.

In una parola, al termine della settimana possiamo valutare quanto “Outside In” è stata ciascuna delle nostre attività.

Un efficace tool messo a punto da Italian Customer Intelligence guida a queste importanti osservazioni.

Chi obiettasse che la sua azienda non lavora per il cliente finale ma è B to B, potrebbe leggere l’articolo “Ancora su di chi è il cliente?” (leggi qui).

L’IMPORTANZA DELLA MAPPA DEI TOUCHPOINT

“Every contact we have with a customer influences whether or not they’ll come back. We have to be great every time or we’ll lose them.”

Kevin Stirtz

È fondamentale tracciare una mappa di tutti i punti nei quali il cliente interagisce con l’azienda, perchè in ciascuno di essi si crea un giudizio che lo porterà alla scelta di continuare o abbandonare la sua relazione con il brand.

I cosiddetti touchpoint sono numerosissimi e spesso sottovalutati o addirittura sconosciuti dalla stessa azienda, ma in ciascuno di essi è necessario offrire una customer experience che invogli il cliente ad andare avanti nel suo percorso.

La convergenza dei canali online e offline, oltretutto, ha reso il viaggio del cliente attraverso ogni touch point ancora più complesso e articolato.

Leggi qui per approfondire.

Nel nuovo seminario Outside In Telligence che Italian Customer Intelligence propone in collaborazione con Kerry Bodine, una parte significativa è dedicata proprio al “da farsi” per individuare e mappare i touch point che il cliente tocca nel suo viaggio con un’azienda o un brand.

Scrivi a info@italiancustomerintelligence.it per maggiori informazioni.

TOUCHPOINT E OPENING EXPERIENCE

Offrire una customer experience davvero superiore è tanto necessario in questa Era del Cliente (altrimenti il cliente se ne va), quanto difficile. Difficile perché l’opinione che egli matura sulla sua relazione con un brand avviene in tantissimi touchpoint, che spesso sono trascurati o addirittura sconosciuti all’azienda. Si tratta di ogni singolo frangente oppure occasione durante la quale il cliente ha modo di venire a contatto con l’azienda e, quindi, di farsi un’idea sul suo conto (clicca qui per approfondire).

Touchpoint: il packaging

Il packaging, la “scatola”, il “pacchetto”, è ciò che, in ultima istanza, si “intromette” tra il cliente e il prodotto. È ciò che fastidiosamente impedisce di vedere come sia davvero il prodotto, ciò che impedisce di toccarlo, di “provarlo” prima di acquistarlo. Ma può anche essere ciò che crea un’attesa e un’aspettativa di un’esperienza positiva quando si apre e si “pre gusta” l’articolo che sta per diventare finalmente “nostro” a tutti gli effetti.

Non stupisce, quindi, che un’azienda come Apple, il cui fondatore e ispiratore ha sempre messo la customer experience dei suoi milioni di clienti al centro di ogni sua azione (leggi qui come), abbia una “stanza segreta” dedicata esclusivamente al design del packaging e alla sperimentazione della “opening experience”.

Il packaging dice tanto del prodotto, è spesso il primo punto di contatto con il cliente ed è il catalizzatore di quella “prima impressione” che veicola le promesse del brand. Così una famosa pasticceria parigina racchiude i suoi preziosissimi pasticcini in cofanetti che sembrano dei veri e propri portagioie e una nuova linea di cosmetici ribadisce come la scatola delle sue creme sia “non solo custode del prodotto, ma elemento di dialogo e vicinanza con la consumatrice”.

shopping bagPackaging vuol dire anche la shopping bag che il cliente utilizza per portare a casa il suo acquisto: strumento che continuerà a ricordare dell’esperienza fatta, deve quindi rispecchiare i valori, lo stile e lo standard del brand. Così come anche i pacchi spediti per gli acquisti online: nell’esperienza di tutti sarà facile percepire la differenza tra il ricevere l’ordine di una maglietta in un bel pacco solido e sicuro o in un leggero sacchetto di plastica. Certo, nel secondo caso non ci preoccuperemmo comunque dell’integrità del nostro capo, ma nel primo caso le nostre aspettative sarebbero sicuramente superate (il che risulterebbe in una customer experience davvero superiore!).

Come fare, quindi, per individuare tutti i touchpoint attraverso i quali il cliente si interfaccia con l’azienda? Scrivi a Italian Customer Intelligence: info@italiancustomerintelligence.it

CUSTOMER EXPERIENCE: BREVE GUIDA PER NON CONFONDERSI

Anche nelle migliori aziende a volte il concetto di “customer experience” viene equivocato. O ridotto. C’è chi lo confonde (o lo relega) con la shopping experience (come abbiamo già visto qui), c’è chi pensa che abbia a che fare con la nozione stretta di marketing, intesa come l’arte di vendere bene e con argomenti sempre più affascinanti il proprio prodotto… Ma la customer experience è molto di più.

Per capirlo meglio, seguiamo il suggerimento di Kerry Bodine in Outside In, il best seller pubblicato dalla Forrester Research che insegna l’importanza di mettere davvero il cliente al centro della nostra organizzazione. Partiamo quindi dal dire cosa NON è la customer experience.

Customer experience: che cosa non è

Abbiamo detto che non è la shopping experience. Sarebbe troppo riduttivo, per quanto l’esperienza del cliente nel nostro negozio possa essere superba. E non è nemmeno il customer service, che in genere viene contattato quando c’è qualche problema. Anche in questo caso, per quanto possa essere efficiente e risolutivo, rimane comunque riduttivo. Non si tratta nemmeno dell’usabilità… Aziende come la Apple o Google hanno fatto del concetto di “user friendly” la caratteristica fondamentale dei loro prodotti e servizi. Ma non è comunque sufficiente. Non è neanche “customer marketing”, inteso come attività di comunicazione e promozione per attirare clienti nuovi o per mantenere i vecchi.

Tutti questi fattori – e tanti altri – tutti insieme, costituiscono la customer experience, “l’unico fattore veramente importante per il successo di un business”, per dirla con le parole di Don Peppers e Martha Rogers nel loro “Return on Customer”.

customer experience: che cosa è

La customer experience è “il modo in cui i clienti percepiscono l’interazione con la vostra azienda”. L’insieme di tutte queste interazioni (chiamate anche “touch point”) costituiscono le tappe del “viaggio del cliente”, sintetizzabile nell’immagine sotto.

Viaggio del cliente
Fonte: K.Bodine, H.Manning – “Clienti al centro” – Forrester Research.

Sintetizzabile, perché in realtà i touch point nei quali il cliente si relaziona e quindi matura giudizi su un prodotto o un brand sono moltissimi, spesso trascurati dall’azienda e molte volte anche sconosciuti (leggi qui). Per questo è fondamentale riconoscerli tutti e analizzarli, in modo da poter preparare in ognuno di essi una customer experience che davvero soddisfi il cliente che ci passa.

Italian Customer Intelligence ti aiuta a tracciare il viaggio dei tuoi clienti nella relazione con la tua azienda, per scoprire quale sia la loro esperienza attuale e per potergli così offrire una customer experience davvero superiore. Scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

DA “ORIENTAMENTO AL CLIENTE” A “METTERE IL CLIENTE AL CENTRO”

Occorre coinvolgere tutto l’ecosistema aziendale nella customer experience perché tutto l’ecosistema influisce in qualcuno o in molti touch point del cliente con il brand.

Dall’addetto vendita a chi si occupa del prodotto, dai sistemi informativi alla logistica, dall’ufficio legale al marketing: tutti influenzano in positivo o in negativo l’esperienza del cliente. Occorre saper bene dove, come e quando.

Mettere il cliente al centro della propria mansione è assai diverso da un generico “orientamento al cliente”. Anzi, “orientarsi” al cliente significa ammettere che il punto di partenza non è il cliente, ma altro.

Per conoscere le altre ragioni per aprire un ufficio della Customer Experience clicca qui

Per maggiori informazioni, scrivi a info@italiancustomerintelligence.it

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