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IL 44 % DEGLI AMERICANI PRONTI A INDEBITARSI PER RIPARTIRE!

Ripartire con… la carta di credito!

Credit.com aiuta gli americani a scegliere la carta di credito “giusta” e a sapersi districare fra le innumerevoli offerte di prodotti finanziari al consumo.

Grande risalto, e attenzione specialmente fra i retailers, è stata data a una mastodontica e autorevole ricerca sulla propensione al debito in vista della ripresa post pandemia realizzata proprio da credit.com. Risultati davvero interessanti e che fan riflettere, specie per l’influenza che l’economia americana ha sulla nostra e sull’anticipazione di trend di acquisto del consumatore americano a cui poi spesso seguono andamenti simili in Europa.
Molti americani – ecco il primo risultato del sondaggio – hanno in programma di liberarsi del denaro in giacenza sui loro conti correnti (ricordiamo che in Italia i conti correnti registrano + 250 miliardi) nel secondo semestre 2021, anche se ciò significa indebitarsi per farlo: il 44% degli adulti statunitensi ha affermato che si indebiterà per “curarsi”! Come? Pronti quindi a indebitarsi per l’auto (15%), per i lavori di ristrutturazione della casa (14%) e per viaggi (12%).

Inoltre, il 67% degli intervistati ha dichiarato di voler spendere di più in almeno una categoria discrezionale durante la seconda metà del 2021, con le principali categorie di viaggi (35%), intrattenimento fuori casa (26%), bar e ristoranti (26%), ristrutturazioni casa (25%) e abbigliamento/accessori (21%). Il 66% di coloro che hanno partecipato ha dichiarato di avere intenzione di regalarsi acquisti per celebrare la fine della pandemia, anche se non ha piani su come pagarli.

In particolare, il 63% dei genitori con figli di età inferiore ai 18 anni ha dichiarato di essere disponibile a indebitarsi per acquisti discrezionali rispetto al 40% senza figli e al 35% dei genitori con figli adulti.
Infine, gli uomini risultano più disposti a indebitarsi per cose non essenziali (47%) rispetto alle donne (41%). Chi dice che finalmente così l’economia riparte e chi dice che siamo all’inizio di una pericolosa bolla con le prospettive di inflazione e costo del credito…

Noi pensiamo che si cresce (solo) per l’entusiasmo del cliente e che è soprattutto questo da (ri)conquistare!

DIMMI COSA ADOTTI E TI DIRÒ CHI SEI

Rispondi al sondaggio, inizia a pensare che cosa adottare e condividi il regalo capace di dir così tanto di te (o della tua impresa)

Fattormia (Clicca qui), start up di cui si sentirà presto parlare, propone a tutti (ma a proprio tutti: aziende, imprese sociali, associazioni, scuole, ma anche a ciascuno di noi da 3 a 103 anni) di adottare!

Chi – o meglio – cosa?

Forse una vigna o una collina con altri alberi da frutto o parte di quell’uliveto umbro o toscano per produrre il tuo olio oppure le galline dell’intera aia di quell’azienda della Bassa dove andare a ritirare, magari insieme ai bambini, le tue uova: in settimana segui la tua adozione via web, ma quando siamo nei momenti topici che la natura prevede e offre impareggiabili, vorrai esserci in prima persona!

È atteso prima dell’estate il portale di Fattormia dove si potrà costruire la propria fattoria, adottare i propri animali e le proprie piante, vederli crescere, prendersi cura di loro e godere dei prodotti del proprio marchio, condividendoli.

Anche le imprese potranno far assaggiare ai loro clienti qualcosa che, dopo averlo adottato, porta il loro nome e che sarà così espressivo della loro brand promise, del loro “fare con cura”, dell’amore per le materie prime di qualità e del valore di gesti autentici: la sostenibilità si realizza, e ad essa ci si educa, anche così!

Insomma: dimmi cosa adotti e scoprirò chi sei davvero!

Ecco, così,  che Toys Center (brand promise: Toys, dove inizia l’avventura) potrebbe regalare ai suoi piccoli clienti che, vivendo in città, non hanno mai visto una gallina un codice con cui poter vedere la schiusa e i pulcini che iniziano la loro avventura o farsi accompagnare dai grandi per vedere questo prodigio in una delle aziende agricole Fattormia; Ikea (creare una vita quotidiana migliore per molti) potrebbe optare per le capre che sono perfettamente in grado di interpretare la nostre emozioni e manifestano una spiccata preferenza per le persone felici. A Nike (ispirare e portare innovazione a tutti gli atleti del mondo) consigliamo di adottare bachi da seta: il baco si innova e trova dentro di sé la forza per diventare farfalla e spiccare il volo… e chissà cosa dovrebbe adottare Coca Cola che, proprio come la bibita, “genera ottimismo e rinfresca la vita”… per non parlare dei dipendenti di Google, che cosa riuscirebbero a tirar fuori dall’esperienza di osservazione di un processo complicato e sempre nuovo come è quello del crescere della natura. Chissà poi quali sarebbero le preferenze dei protagonisti del Gruppo Teddy, colosso italiano del Fast Fashion con i suoi brand Terranova (Colour your life), Calliope (Live the beauty) e Rinascimento (Il marchio delle special occasion). Dei vini, adottabili da una varietà di vigneti immersi in immagini mozzafiato, c’è solo l’imbarazzo della scelta per “l’adozione – abbinamento” giusto con la tua impresa, studio professionale o maison. E perché non condividere le esperienze reali della “tua” Fattormia con eventi e team building presso l’azienda agricola della tua adozione? Anche questo è “prepararsi al meglio” che verrà all’improvviso (clicca qui)

Rispondi al sondaggio e stay tuned: presto altre notizie e la mappa delle Fattormia!

Nota: il questionario termina cliccando la conferma attraverso il pulsante “SUBMIT“. Per compilare la survey tramite smart phone si suggerisce di utilizzare la modalità schermo orizzontale. In alternativa è possibile accedere al questionario tramite il seguente link: clicca qui (SONDAGGIO)

IL LIMITE È LA PROSSIMITÀ DELL’OLTRE /1

Dall’articolo di Mario Sala agli esempi di chi “è andato oltre”

Siamo entrati in una nuova era, l’era dell’oltre. Come ha affermato Mario Sala nell’articolo “Prepararsi al meglio” (clicca qui): “Non esistono i clienti o i consumatori, esistono i nostri clienti, i nostri consumatori… che chiedono sempre più un oltre. Qual è l’oltre? In questa risposta, che è unica e originale per ciascuna delle nostre imprese, si trova la nostra opportunità”.

Ma per raggiungere quell’inaspettato “oltre”, quel qualcosa di speciale, di entusiasmante e di davvero nuovo occorre partire dal limite. Il limite, infatti, è ciò che c’è di più vicino all’oltre. Avvicinandoci al nostro limite, senza timore, ma con entusiasmo, troveremo l’oltre che (ri)conquisterà i nostri clienti. Andare oltre è quasi un life-style che contagia e che entra nelle comunità della nostra impresa… ma vediamo quali sono le innovazioni, le idee e le novità che hanno fatto emergere un oltre che ha superato i limiti.

Inizierà una rubrica dedicata a tutti gli oltre che emergono dal mondo. Osserveremo da vicino i limiti che sono stati superati con un oltre che ha sorpreso noi, ma soprattutto i clienti. Davvero “the new black is… andare oltre”

Ecco qualche esempio tratto da recenti articoli del nostro magazine:

  1. McDonald ha proposto un nuovo packaging innovativo ed inclusivo che consente anche a chi ha difficoltà fisiche di poter vivere a pieno l’esperienza McDonald. È un packaging fatto bene, che abbatte il muro tra la “disabilità” e quella che in modo volgare viene definita da tutti “normalità”. È un’innovazione che ha sia un aspetto legato al prodotto, ma che mira a sostenere anche una campagna di sensibilizzazione, rispondendo ad un bisogno sincero dei clienti in modo diretto e indiretto.
    Link alla fonte: clicca qui 
    OLTRE: supera il limite di non poter mangiare a causa di difficoltà fisiche che possono risultare d’impedimento.
  1. Google Maps non dice solo come arrivare in un posto, ti consente di scegliere anche in che modo a seconda delle esigenze (più veloce, meno trafficato, con o senza pedaggio, PIU’ GREEN). Google sta apportando miglioramenti alla piattaforma Maps grazie al contributo dell’Intelligenza Artificiale con una nuova «live view». Inoltre, introduce una nuova possibilità di navigazione con percorsi green, con un primo lancio previsto negli USA. Per ridurre l’impronta ambientale, Google aggiungerà ai percorsi tradizionali alcuni ‘ecosostenibili’, derivati dall’analisi dei dati legati alle pendenze delle strade e al traffico.
    Link alla fonte: clicca qui 
    OLTRE: scegliere il percorso non solo in base alla distanza, ma potendo compiere una scelta etica e consapevole per chi vuole ridurre i consumi e l’inquinamento.
  1. Barilla ci regala un momento di intrattenimento, la pasta necessita di tempo per cuocersi: e se l’attesa diventasse un’esperienza?
    Link alla fonte: clicca qui
    OLTRE: Barilla ha permesso di superare il limite dell’attesa con divertimento/intrattenimento grazie a un’idea a costo zero.
  1. Lavazza + Alexa sviluppano un prodotto integrato e innovativo
    Link alla fonte: clicca qui
    OLTRE: superare il limite di dover utilizzare dei pulsanti per attivare il meccanismo della macchinetta del caffè, consentendo invece di ordinare un caffè utilizzando la funzione vocale.
  1. CANON: Canon – ha presentato in anteprima al CES 2021 (evento per eccellenza dedicato alla tecnologia) un’esperienza digitale interattiva attraverso cinque esperienze inaspettate per celebrare come le persone possano utilizzare i prodotti e le soluzioni Canon per aiutare a ridefinire i limiti che si trovano ad affrontare.
    Link alla fonte: clicca qui
    OLTRE: Il progetto mira a trascendere i limiti catturando le meraviglie dello spazio, lo splendore della natura selvaggia e la nostalgia di un ambiente sportivo iconico perduto.

Scriveteci su press@newsandcustomerexperience.it i limiti diventati “oltre” all’interno della vostra impresa oppure segnalateci esempi sorprendenti ed entusiasmanti!

GUCCI VIRTUAL 25: QUANDO LE SNEAKERS SI SMATERIALIZZANO

Quali condizioni hanno spianato la strada per il lancio delle prime sneakers virtuali?

La scorsa settimana molti degli affezionati clienti Gucci, pensando probabilmente ad un attacco hacker sull’applicazione, si sono trovati, nell’APP del marchio, la possibilità di acquistare sneakers al dir poco concorrenziale prezzo di 12$. Sicuramente incuriositi da questo inaspettato affare, cliccando sul modello si saranno resi conto che invece non c’era stato alcun breach nell’app… semplicemente le sneakers erano in vendita solo in “virtuale”. In che senso mi chiederete? Nel senso che per la modica cifra di 12$ i clienti Gucci hanno, da oggi in avanti, la possibilità di acquistare un paio di sneakers virtuali (Gucci Virtual 25) utilizzabili per:

  • personalizzare il proprio avatar in alcune piattaforme di gaming online
  • oppure utilizzare le sneaker come se fossero un filtro e condividere le proprie calzature sui social
Il diavolo veste Prada, 2006 regia di David Frankel

Stupiti? Personalmente abbastanza… se questa campagna sarà di successo, oppure solo un’abile mossa per innescare il WOM attorno al brand, solo il tempo ce lo dirà. Tuttavia, il fatto che una maison del lusso, sicuramente nota per la sua innovatività, abbia deciso di cimentarsi in una ambiziosa trovata come questa, ci lascia spazio per fare alcune considerazioni su quali ragioni abbiano spinto Gucci a lanciare un così insolito prodotto.

Riflettendoci su, ho identificate tre precondizioni che hanno preparato il campo a questo lancio:

  1. La fisicità è stata messa in discussione come elemento indispensabile per un’esperienza. La pandemia ha accentuato un processo per cui, quelle che erano considerate esperienze prettamente fisiche, come appunto indossare un paio di scarpe nuove, sono state virtualizzate e quello che all’inizio poteva sembrare un ripiego provocato dall’emergenza, si è fatto largo piano piano come un’esperienza a sé. Perciò, se prima della pandemia molte cose in virtuale erano percepite come una proxy dell’esperienza fisica, iniziative come quelle di Gucci, ci dicono che oggi le esperienze virtuali hanno assunto una dignità a sé stante un’autonomia rispetto alle originali esperienze che si proponevano di sostituire.
  2. Applicazione delle logiche dell’In-App purchase ad altri settori. La possibilità di acquistare contenuti all’interno di una app, per poi utilizzarli all’interno dell’APP stessa, è una logica tipica del gaming su smartphone. Tuttavia, tale tendenza dell’era digitale, ha apparentemente contaminato addirittura una delle più blasonate maison fiorentine. Per molti lettori il gaming potrebbe essere un territorio totalmente sconosciuto e inesplorato, tuttavia, la possibilità di poter acquistare beni all’interno di un gioco, o di app in generale, è stato uno dei driver che hanno reso alcuni giochi delle vere e proprie miniere d’oro (e.g. Fortnite). Tuttavia, se per i millennial e le generazioni precedenti acquistare beni per poterli utilizzare in un’App o nel mondo digitale può sembrare qualcosa a dir poco inusuale, per i giovanissimi questa tendenza assume molto di più i contorni della normalità. E Gucci su questo deve aver fiutato il cambio di rotta.
  3. La realtà aumentata. Questa tecnologia oltre ad essere il fattore abilitante del prodotto in sé, sta diventando una potente arma per una grande varietà di brand. Dal successo planetario di Pokemon Go di alcuni anni fa, le applicazioni che si basano su questa tecnologia si sono moltiplicate, abituando giovani e meno giovani a vedere tramite la fotocamera del proprio smartphone, mondi nuovi, stanze arredate, indicazioni stradali e …. un paio di scarpe nuove ai propri piedi. Una generale diffusione di questa tecnologia è stata a mio parere la terza e ultima precondizione che ha permesso il lancio delle prime sneakers virtuali di Gucci.
The Matrix, 1999 regia di Andy e Larry Wachowski

Detto ciò, è ancora presto per dire se questa innovativa mossa da parte di Gucci aprirà un intero nuovo mercato per la moda e il lusso, oppure se sarà solamente un fuoco di paglia destinato a spegnersi in breve tempo. Per ora, quindi, non ci resta che congratularci con Gucci per l’audace iniziativa e vedere come evolverà il fenomeno.  

#see #you #soon

Cosimo Locatelli

IKEA: LO STUPORE DI UN SORRISO È POTERE DI ATTRAZIONE

Come un brand affermato si mantiene attrattivo nei confronti del mercato

Quando ero un giovane studente di marketing in università, mi sono sempre chiesto il motivo per cui, brand affermati è universalmente riconosciuti da tutti, si ostinassero a realizzare campagne di Awareness, il cui unico scopo è comunicare il brand. La risposta accademica a questo mio quesito sta nel fatto che un brand, non importa quanto affermato sia oggi, se non si comunica presto o tardi verrà dimenticato e perderà il suo potere attrattivo.

In questo senso, uno dei brand che non ha mai deluso le mie aspettative in questo tipo di comunicazioni è una “piccolo” mobilificio svedese il cui nome è l’acronimo di Ingvar Kamprad Elmtaryd Agunnaryd, che insieme alla Volvo, Pippi calze-lunghe ed Ibrahimovic è senza dubbio uno dei simboli della serena monarchia affacciata sul Baltico. Oramai lo avrete capito, sto parlando di IKEA.

Di questa azienda, della sua innovatività, della sua unicità, … etc etc è stato detto tutto. Quello che mi piacerebbe commentare oggi con voi sono due Adv brand centriche, che IKEA ha realizzato per l’Egitto e il Regno Unito, perché in queste due pubblicità vedo due caratteristiche fondamentali per il mantenimento dell’attrattività.

1 – Coming soon to EGYPT: essere Country specific

Una multinazionale con attività in quasi tutti i paesi del mondo potrebbe avere la tentazione di ritenere che i suoi valori siano talmente universali, da essere riconosciuti ovunque, e che la comunicazione non vada calata nel contesto del paese. Questo commercial pur comunicando un aspetto core della value proposition di IKEA, cioè il montaggio e le istruzioni, non dimentica il paese in cui si sta comunicando, i suoi monumenti e la sua arte. La realizzazione di pubblicità country specific è perciò un elemento fondamentale per l’attrattività.

Quale experience può sperimentare l’osservatore? A parer mio l’elemento principale è lo stupore della riscoperta della value proposition di Ikea, tramite una brillante associazione con la storia del paese in cui viene proposta. Questo suscita un senso di vicinanza e di immedesimazione nella cultura e nella storia del mercato a cui si rivolge, dando la possibilità a chi la guarda, di sperimentare il ricongiungimento di due elementi estremamente distanti: il mondo IKEA e l’antico Egitto. Questa associazione, a mio avviso, stimola la curiosità e porta inconsciamente a rivalutare una visita in store o online per ricercare quella stessa sorpresa sperimentata nella comunicazione.

2 – Tomorrow start tonight: essere attuali

Altro elemento cruciale per attrarre verso il brand è la contemporaneità, cioè essere attuali. In questa seconda campagna ciò che stupisce è la sua attualità e provocazione sociale. La mancanza di sonno è un elemento molto comune nella frenesia della società moderna e non di rado le persone che soffrono ricorrono a medicinali e affini per alleviarne gli effetti. Con questa campagna uscita nel Regno Unito, IKEA rimette al centro gli elementi fondamentali per un buon sonno: un cuscino comodo e un piumino caldo.

Quale experience può sperimentare l’osservatore? L’ experience su questo commercial, secondo me, è scissa a seconda che l’osservatore sia o meno affetto da problematiche legate al sonno. In caso affermativo (e lo dico per esperienza personale) viene stimolata una sdrammatizzazione costruttiva del problema. Il che non significa risolvere il problema o sminuirlo ma affrontarlo con un tono che renda più facile accettarlo, appunto sdrammatizzando.  Invece nel caso in cui, chi la osservi, non soffra di insonnia, l’esperienza nei confronti di questo adv è principalmente focalizzata sulla critica sociale di un mondo che, troppe volte, abusa di medicinali per risolvere problematiche risolvibili altrimenti.

Detto ciò, l’elemento che accomuna queste due adv è il sorriso che suscitano (tema che ho già affrontato nel mio articolo “NEN, LA RICETTA PER LA MEMORABILITÀ”). Specialmente in tempi faticosi come questi, la capacità di suscitare un sorriso o una risata è il più grande potere attrattivo che si possa immaginare. La gioia che viene prodotta difronte ad un commercial ben riuscito costituirà un mattoncino che il consumatore (attuale o prospect) assocerà indissolubilmente al brand e, per tornare a ciò che menzionavo all’inizio, questo ciò che rende un brand vivo e gli fa mantenere quell’inesauribile potere attrattivo e generativo nella mente e nel cuore dei clienti, e che oggi è più importante che mai, perché è la base per un’ attrattività solida e duratura.

#see #you #soon

Cosimo Locatelli

CHI SI STUPISCE INNOVA

Viaggio dallo stupore all’innovazione

Chi si stupisce innova” nasce come un fiore nel deserto. È un percorso pensato e scritto durante il 2020: un anno davvero inaspettato che ha messo a dura prova il mondo intero e che tanti non vedevano l’ora di lasciarsi alle spalle.

Il percorso proposto da Sala è affascinante e insidioso, ma la guida è sicura perché si cammina sulle spalle di giganti, da Chesterton a Montale, da Van Gogh a Pirandello, da Sylvia Plath a un corto della Pixar e tanti altri.

L’innovazione è davvero interessante e tutti, in qualche modo, si sentono attratti da essa, ma serve curiosità e sensibilità. Il percorso “Chi si stupisce innova” vuole chiedere in prestito ai grandi uomini e donne dell’arte, della letteratura, della musica… lo “sguardo” curioso che ha permesso loro di lasciarci come testimonianza tanta bellezza. E’ diventata per tanti occasione di rilancio verso l’orizzonte dell’innovazione, oggi divenuta una necessità per poter rimanere competitivi. Imprenditori, professionisti ed aziende che hanno dovuto rinnovare la propria offerta, adeguando le loro mission alle nuove sfide in vista dei prossimi anni 20’ del 2000, si sono subito interessati a questo percorso. Si tratta di un vero e proprio viaggio di grande ispirazione, che possono intraprendere tutti, attraverso poesie, brani, opere d’arte e capolavori musicali, il tutto curato da Cristina Picariello.

L’innovazione nasce da uno stupore, ecco perché desideriamo immergerci nello sguardo di quanti, attraverso la propria creatività, hanno saputo stupirci nel corso della storia. È dunque possibile osservare la realtà che ci circonda attraverso questi occhi? Sono gli occhi di Van Gogh mentre dipinge “La notte stellata”, le parole di Pirandello mentre il piccolo “Ciaula scopre la Luna”, la grandezza del Maestro Ferenc Fricsay mentre dirige un’orchestra che suona “La Moldava”…

Mario Sala commenta il percorso e ci aiuta a rompere la bolla fatta di automatismi e cose che diamo per scontato. Per stupirsi occorre desiderare la novità. La curiosità ci spinge ad attraversare la bolla in cui viviamo. È possibile stupirsi anche dell’ordinarietà? Quali scoperte lo stupore ci spinge a fare? In che modo lo stupore ci porta ad un cambiamento, ad un’innovazione che muterà il corso della storia?

Se desideri compiere questo viaggio insieme,
scrivici all’indirizzo e-mail press@newsandcustomerexperience.it

 

2020: ANNO DELLO SMART WORKING 2021: UN AUGURIO E UN COMPITO

Pubblichiamo come augurio per il 2021 e al contempo come compito per gli imprenditori, i manager e gli appassionati che seguono il nostro magazine, questo monito “carpito”, in occasione di un recente convegno on line, ad Andrea Prosperi manager della formazione del gruppo Teddy (fast fashion).

Lo stagista inaspettato, Robert De Niro e Anne Hathaway.

“In questo momento occorre preoccuparsi di salvaguardare la sacralità del luogo di lavoro come zona del valore, ovvero come posto dove maggiormente si produce un valore percepibile dal cliente.

Si rischia di lasciarsi andare ad una deriva subdola che lentamente diluisce questo valore lasciando l’azienda priva, come direbbe Simon Sinek, del suo big why”

2020: L’ ANNUS HORRIBILIS DEI CORNER SHOP

Quale prospettiva permette una ripartenza?

Ho tanti bei ricordi della mia infanzia ma dovendo scegliere il più bello tra tutti non avrei dubbi: i mercoledì pomeriggio con il nonno. Il mercoledì, infatti, era il giorno del rientro pomeridiano, perciò veniva il nonno a prendermi a scuola e prima di riaccompagnarmi a casa c’era una tappa fissa a metà del viaggio: il negozio di caramelle. L’entusiasmo partiva già dal mattino. Le ore di lezione letteralmente volavano e tutta la giornata era inebriata dal pensiero del dolce evento pomeridiano. Iniziavo fantasticando in classe su ogni momento che avrei sperimentato: l’ingresso nel negozio, il volto della commessa che mi porgeva il sacchettino che avevo l’onore di riempire, i recipienti strabordanti di ogni genere di leccornia multicolore e l’occhio che velocemente scandagliava gli scaffali alla ricerca delle novità non ancora provate…

Poi, ad un certo punto della giornata, la campanella della fine lezione suonava e ciò su cui avevo fantasticato, per le precedenti ore, iniziava a prendere forma: il nonno all’uscita, lo sbrigativo saluto ai compagni di classe, l’impazienza nel percorrere il breve tratto di strada che divideva la scuola dal negozio. Ecco, finalmente si arrivava al tanto agognato momento: l’ingresso nel negozio. Il profumo di cioccolata mi inebriava appena si apriva uno spiraglio della porta e poi la magia sognata, attesa, pregustata avveniva fino al più piccolo dei dettagli senza mai deludere…mai.

A questo punto vi starete chiedendo cosa c’entra questa mia memoria d’infanzia con il titolo di questo articolo?

Il 2020 verrà ricordato da tutti come l’anno della crisi sanitaria e del lockdown. Tra le tante ferite provocate dalla crisi sanitaria si annoverano anche i gravi problemi creati ai tanti negozi di quartiere (corner shop) che, non potendo alzare più le saracinesche, vedevano aggravarsi ulteriormente una situazione, magari già sofferente, a causa della pervasività dell’eCommerce. Ma quando finalmente potremmo lasciarci alle spalle la crisi sanitaria e si potrà ripartire? La vera domanda sarà: “Come?”. Magari le abitudini saranno cambiate e, o per paura o per pigrizia, le persone continueranno a comprare online. E quindi?

Qui entra in gioco la mai storia! Il primo ingresso in un negozio di caramelle o di giocattoli resta indimenticabile in ciascuno di noi. Per il bambino quell’emozione diventa unica e irripetibile, sperimentabile ogni volta che si varca quella soglia. I profumi, le immagini, il desiderio di scoprire cosa c’è sugli scaffali, questa emozione non è ricreabile tramite uno schermo e non lo sarà mai (indipendentemente dalla categoria merceologica venduta). Inoltre, è indiscutibile che per alcune tipologie di negozi sia più facile differenziarsi e rendere unica e indimenticabile la visita di ciascun cliente, ma bisogna ricordare che questa è una possibilità per tutti. È qui che sta la forza strutturale dei corner shop, ed è adottando questa prospettiva che si vede una possibilità di ripresa.

Ovviamente, con questa suggestione non ho la presunzione di avere risolto la vita a nessuno dei tanti commercianti che dovranno affrontare la grande sfida della ripartenza. Ritengo però che queste suggestioni possano aprire gli occhi dei tanti che vedono già i negozi tradizionali come una realtà anacronistica, dimenticando che qualcosa da dire ancora ce l’hanno, si tratta solo di schiarirsi la voce.

#see#you#soon

Cosimo Locatelli

 

PARTECIPA AL SONDAGGIO: LIDL SI’ grazie o NO grazie?!

Compri le sneakers della Lidl?

Nell’articolo troverai un confronto acceso, quali sono le ragioni del sì e quali le ragioni del no.

SNEAKERS LIDL

PERCHE’ SI’

  1. Sì: Pop Culture

In ciascuno di noi vive un Andy Warhol! Le sneakers Lidl ci fanno rivivere lo spirito della cultura pop. Siamo stufi della ricercatezza. Mentre prima eravamo tutti orientati a distinguerci in una massa fluttuante nel mondo, oggi desideriamo unirci, creare un movimento che riallacci la distanza sociale che intercorre tra ciascuno di noi. Come? Omologandoci… e chi lo dice che l’omologazione sia per forza negativa? Poi, se invece volessimo criticare i colori? Ma alla fine sono così Pop, tanto che persino gli artisti si sono lasciati ispirare.

 
Antonio Natale, 2020, Minotaur, acrilico su 12 banconote originali provenienti da varie parti del Mondo, mm.395×290

2. Sì: Lidl, azione Robin Hood

Il Lidl è un supermercato che promette la migliore qualità al miglior prezzo… solitamente, le persone benestanti non badano a spese, la willingness to pay elevata non pone il miglior prezzo come driver. Anzi, il prezzo è indice di uno status symbol, più è alto, più è desiderabile l’oggetto. Un ragionamento poco comune alle persone “normali”… Fatico, infatti, ad immaginare i super-ricchi recarsi al supermercato per andare a comprare le scarpe, me li immagino piuttosto in via Montenapoleone, in via Condotti… dove il Lidl si osserva con il binocolo. Allora beati coloro che, anche ingenuamente, abbiano deciso di acquistare le scarpe a poco più di 10 euro. Ora i ricchi le vorranno a tutti i costi (perchè costano tanto e sono in edizione limitata… si tratta di vere e proprie fashion victim) e verranno a comprarle sul mercato secondario a prezzi stellari dalla mamma con 5 figli, dal papà in cassa integrazione, dallo studente universitario con le finanze risicate e da chiunque in questo periodo sia in difficoltà. Lidl ha regalato qualcosa di meravigliosamente straordinario mettendo in scena un’azione alla Robin Hood.

3. Sì: operazione marketing zero spese

Le operazioni di marketing costano e spesso è complesso calcolare il ritorno effettivo, monetizzare il risultato della comunicazione. Ma si sa, l’immagine, il brand… per essere il numero uno, deve essere sulla bocca di tutti. Allora, ecco lo straordinario…! Nessuna modella da cachet stellari, nessun effetto speciale, nessuna campagna ridondante in televisione. Sono bastate un paio di scarpe, una concretezza che ci raggiunge, in un mondo ormai ossessionato dal digital. Grazie Lidl, perché ci hai ricordato che la realtà, nonostante tutto, esiste e non vediamo l’ora di poterla tornare a calpestare camminando, muovendoci… è un presentimento di libertà quello che lasciano trasparire queste scarpe… Probabilmente, quando tutto sarà passato e dovremo ripartire non più correndo, ma volando, aspetteremo di poter comprare le “ali” di Lidl a meno di 15 euro.

Anche se a metterci le Ali… ci aveva già pensato RedBull… ma per così poco! Forse conviene provarle…

Andrea Telesca


PERCHE’ NO

  1. No: Fedez, non mi inganni

Creare un prodotto di design e venderlo ad un prezzo low-cost, ma in tiratura limitata: sembra un’operazione di marketing vicina alle persone, quasi democratica, ma l’apparenza è quanto mai lontana dalla sostanza e, di fatto, non c’è nulla di più snob – nella sua accezione peggiore, quella finto-naïf – di una scarpa Lidl.

L’apparente diffusa accessibilità si scontra con la difficoltà, di fatto, di avere il prodotto. E l’utilizzo di influencer come Fedez ne aumenta il valore percepito. Ecco il meccanismo diabolico, per quanto efficace: sbilanciare il rapporto tra il costo e il valore, come se si trattasse di un’opera d’arte.

2. No: non cado nella trappola del “diversamente ricco”

Le code che abbiamo visto di fronte ai supermercati di tutta Italia non erano di persone incantate dalla straordinaria bellezza delle scarpe, né di sportivi convinti che quelle sneakers miglioreranno le loro prestazioni. Del resto, esclusi i contenuti social di qualche instagrammer, ne avete mai visto in giro un paio? Le persone che hanno acquistato queste scarpe, per la stragrande maggioranza, l’hanno fatto col pensiero di potersi arricchire con una becera operazione di reselling: acquisto oggi un prodotto che andrà rapidamente esaurito e lo rivendo domani, online, a un prezzo 10, 50 o 100 volte superiore.

E a chi lo venderanno? Non certo ai ricchi. I ricchi non fanno code e non fanno aste online per un paio di scarpe Lidl. Le venderanno agli influenzati dagli influencer: ragazzini e ragazzine, che supplicheranno i loro genitori di spendere una follia per farli sentire dalla parte giusta.

 3. No: Oggi è di moda, ma in futuro?

Possiamo dire che le scarpe Lidl sono talmente brutte da sembrare belle? È un po’ così: queste scarpe hanno un discutibile abbinamento di colori, sono ostentatamente cheap e, per quanto Lidl possa permettersi di vendere sottocosto, non hanno senso d’esistere a livello tecnico.

Oggi indossarle può essere di moda e sicuramente possono essere ritenute divertenti. Ma in un futuro prossimo, quale sarà il destino di queste scarpe? Probabilmente resteranno per un po’ sulla breccia, salvo poi cadere nel dimenticatoio e far apparire chi le ha acquistate a prezzi insensati, più citrulli che fashion victim. E allora moriranno sugli scaffali degli – oggi – fortunati acquirenti, che probabilmente le guarderanno riluttanti e penseranno: “ma che cosa mi è mai passato per la testa?”.

Chi vivrà, vedrà.

Francesca Caputo

INSTAGRAM, UN DECENNIO DI ESPERIENZE

Come Instagram ha plasmato il nostro modo di relazionarci al mercato?

Nell’ottobre 2010 Kevin Systrom e Mike Krieger, due visionari trentenni americani, lanciano una nuova applicazione chiamata Instagram (IG), ignari del fatto che la loro creatura avrebbe segnato un punto di discontinuità nella recente storia dei social network. Sono passati poco più di due lustri da quel giorno e il successo di questa piattaforma non accenna a diminuire.

Su Instagram si è già scritto molto, specialmente in quest’anno, e trattare questo social come un caso di studio è probabilmente un cliché.  Perciò, quello che vorrei fare oggi è parlarne mettendomi nei panni di un affezionato utente della piattaforma che cerca di rispondere ad una semplice domanda: come IG ha plasmato il nostro modo di relazionarci al mercato? In altre parole, come ha influenzato l’esperienza che noi consumatori facciamo del mercato e dei suoi prodotti?

Dalla riflessione su questo tema sono emerse tre considerazioni:

  • L’utilizzo delle immagini: Instagram è nato dall’intuizione, più o meno consapevole, che le immagini avrebbero costituito il futuro della comunicazione. Questo aspetto, figlio probabilmente di una tendenza culturale avviatasi dopo la nascita della fotografia digitale, è andato rafforzandosi in questo decennio proporzionalmente alla facilità con cui condividere un’immagine è diventata alla portata di tutti. Anche sugli altri social, che nel 2010 erano già affermati (primo tra tutti Facebook), era possibile condividere fotografie, ma ciò che mancava era, appunto, il mettere l’immagine al centro, dando la possibilità ai propri utenti di comunicare attraverso essa, e relegando i testi ad un ruolo didascalico. Le immagini, complici forse anche la pigrizia e la superficialità di molti utenti appartenenti alla società del XXI secolo, riescono ad essere immediate, evocative, non hanno bisogno di traduzione e permettono di comunicare un ampio spettro di emozioni, concetti e valori.

Risultato: il mondo oggi ragiona per immagini. E noi, come consumatori, non siamo da meno.

  • Il ruolo degli influencer: notoriamente un’idea buona diventa grande quando qualcuno nel mondo capisce che con quella ci si può pagare l’affitto a fine mese. L’affermarsi di IG ha dato avvio al nascere di nuove professioni, prima tra tutte quella degli influencer, e questo ne ha rafforzato e consolidato il successo. Infatti, queste nuove figure hanno fatto della cura dei propri profili su questo social network una vera e propria professione, e questo ha determinato un aumento della qualità dei contenuti, con un conseguente inevitabile impatto positivo sul numero di utenti della piattaforma. Oltre a ciò, mentre Facebook è nato soprattutto per tenersi in contatto con i propri amici, su Instagram si è via via accentuata la dimensione “aspirazionale” dell’utente medio rispetto alle persone famose.

Risultato: gli influencer, specialmente su alcune categorie merceologiche, sono diventati il filtro tramite il quale si scopre il mercato, la nuova vetrina dove scovare la novità.

  • Chi si ferma è perduto: Instagram, in questi anni, è diventato un organismo vivente a tutti gli effetti. Negli anni abbiamo infatti assistito all’introduzione di un’innovazione dopo l’altra, alcune delle quali originali, altre meno… ma diciamo, tutte “liberamente” ispirate a quello che già facevano i competitors. Dopotutto, come diceva Picasso: “I grandi artisti copiano… i geni rubano”. Nei suoi dieci anni di vita, IG non ha mai aspettato che i suoi utenti arrivassero ad annoiarsi: prima di ciò, aveva già introdotto una nuova funzionalità, un nuovo filtro, una nuova eccitante innovazione. Questo denota come l’applicazione abbia compreso e assecondato un’altra caratteristica della platea di utenti di questo secolo: la costante sete di novità.

Risultato: IG, tramite la sua logica e le sue innovazioni, ha alimentato questa sete di novità. Dopotutto, ogni volta che si apre l’applicazione c’è sempre qualche cosa di nuovo ad attenderci.

Con queste mie riflessioni non vanto certo la presunzione di avere esaurito l’analisi dell’impatto sul nostro modo di relazionarci al mercato, che, per ovvi motivi, segue dinamiche e leggi molto più complesse. Ma ho trovato interessante soffermarmi a riflettere su questa piattaforma che, specialmente ora, nell’epoca del social distancing (ammetto che a livello personale assorbe almeno 20-30 minuti della mia giornata), sta diventando il filtro con cui guardiamo il mondo, per viaggiare, per sognare e, perché no, anche per vivere un po’ al di fuori di casa nostra. Mi sbaglio? Con questa provocazione mi congedo… ma ne riparleremo. ByeBye

Cosimo Locatelli

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