Tag archive

promesse del brand

3 MOTIVI PER CUI È IMPORTANTE AVERE UNA MISSION AZIENDALE CHIARA

Oggi, la Mission aziendale è un elemento fondamentale di differenziazione per aziende e brand, quella che ne definisce la “ragion d’essere”.

Nel nuovo scenario socio economico che ci coinvolge oggi, il campo di competizione di un’azienda non è più solo contro altri brand di settore a livello nazionale o, al massimo, internazionale, ma contro tante aziende diverse a livello globale, alcune poco conosciute, altre presenti solo online, altre con un core business diverso (come possono essere le piattaforme di ecommerce).

IL CLIENTE OGGI SI IDENTIFICA CON LA MISSION E I VALORI DEL BRAND

Oggi, il cliente è molto più interessato a conoscere e a valutare l’attitudine e i valori del brand con il quale fa affari. Il suo interesse, infatti, è più indirizzato sul che cosa il brand “crede”, più sul che cosa il brand “fa”: quando il cliente si identifica con la Mission di un’azienda, rafforza ancor di più il legame con essa.

È fondamentale, quindi, che il cliente comprenda con chiarezza non solo qual è la Mission dell’azienda, ma anche che vi trovi riscontro ogni volta che entra in contatto con essa. Di conseguenza, è necessario che ogni decisione, ogni progetto e ogni azione all’interno dell’azienda venga ispirata dalla Mission: dalle caratteristiche dei nostri nuovi prodotti, alle strategie di marketing e comunicazione, all’implementazione dei software di cassa, alle modalità di distribuzione o di formazione del personale… Solo così potrà essere creata una Customer Experience chiara e coerente.

ISPIRARSI ALLA MISSION FA RISPARMIARE ENERGIE

Ma non solo: ispirarsi alla Mission, averla sempre in mente come criterio del proprio lavoro, aiuta a non perdere la concentrazione, a non dissipare le proprie risorse e le proprie energie.

Un po’ come è successo a Apple che, alla vigilia dell’apertura del primo Apple Store, si è trovata a formulare una “dichiarazione di intenti” che allineasse il lavoro del dipartimento Retail alla globalità dell’azienda. Nacque così il famosissimo motto “Enrich Lives”: una mission, quasi uno slogan, scritta da nessuna parte. Ma era – ed è – talmente impressa nella testa di chiunque operasse intorno all’Apple Store in fase di progettazione, prima, e sui meccanismi operativi, poi, che divenne da subito il criterio con il quale ogni decisione veniva presa: dal design, alla promozione, ai servizi, all’assistenza, alla selezione del personale, fino addirittura alla posizione stessa dei negozi.

Ron Johnson, che era stato chiamato da Steve Jobs a “dirigere” i lavori di quel nuovo, ambizioso progetto ricorda che “se un’idea non era coerente con il concetto di arricchimento personale, veniva bocciata”.

NON TUTTE LE AZIENDE HANNO UNA MISSION AZIENDALE CHIARA

Tendenzialmente, verrebbe da pensare che tutte le aziende oggi abbiano una mission chiara ai consumatori e ai propri dipendenti. In realtà non è proprio così: basta fare una piccola ricerca online per scoprire quanto molti dei più grandi brand sul mercato (indipendentemente dal settore) non abbiano un’esplicitazione chiara e precisa della loro “ragion d’essere”. Al di là di formalizzazioni attraverso siti ufficiali, tante volte capita (addirittura!) di rendersi conto che lo “scopo” aziendale sia poco chiaro anche agli stessi manager o collaboratori dell’azienda (figuriamoci, quindi, al cliente!).

Ogni organizzazione, crescendo, acquista complessità. Il modo migliore per semplificarla è proprio quello di avere una Mission chiara alla quale poter ispirare decisioni, progetti e strategie. E con la quale – di conseguenza – il cliente possa identificarsi, affezionandosi.

FORD E LA SUA FILIALE NON SI PARLANO: CUSTOMER EXPERIENCE A PICCO!

Che cosa succede quando un’azienda o un brand non è allineato con la sua filiera commerciale o distributiva fino al cliente finale? Che cosa succede se ogni soggetto di quella filiera non collabora efficientemente e fattivamente alla creazione di un’esperienza coerente che soddisfi il cliente?

Succede che la Customer Experience va a picco!

Un caso esemplare ci viene dal settore automotive, dove case automobilistiche e concessionari ancora stanno cercando la loro giusta direzione nella progettazione di un’esperienza per un cliente che ancora troppo spesso vedono raramente (l’auto, si sa, non è un bene che viene acquistato frequentemente).

Se, da una parte, le prime iniziano a dare indicazioni ai secondi sull’importanza del tema, orientando i premi annuali che concedono alle loro filiali secondo parametri che indicano il livello di Customer Experience (fedeltà del cliente e frequenza di acquisto, per esempio), dall’altra, le concessionarie sembrano ancora poco avvezze a considerare l’importanza di tutto quello che avviene prima e dopo la vendita dell’auto. Se in più ci mettiamo una mancanza di comunicazione e di coerenza tra i vari reparti dei due operatori, la miscela è esplosiva.

Prendiamo un caso che ci è giunto recentemente in redazione.

Maria riceve un’offerta del Ford Business Service che le propone una tagliando a 149 euro per la sua auto aziendale. La promozione scade il 31 Ottobre e Maria telefona al Numero Verde della casa americana il 25 Ottobre chiedendo un appuntamento presso un concessionario aderente. Consapevole del ritardo della sua telefonata, chiede se sia ancora in tempo, venendo rassicurata dalla gentile operatrice di poter usufruire dell’offerta anche nei giorni immediatamente successivi. La stessa, poi, assicura a Maria che avrebbe avvisato il concessionario in questione di quanto pattuito. L’appuntamento viene fissato presso l’Ambrostore di Viale dei Missaglia a Milano per il 7 Novembre alle ore 8.30.

Al di là di inconvenienti di percorso come l’insegna del concessionario che indica un nome diverso (Mocauto) da quello segnalato a Maria in sede di prenotazione (causando una confusione non indifferente all’ingresso della filiale) e del ritardo con il quale la stessa ha potuto effettuare l’accettazione dell’auto vista la lunga coda di auto davanti a lei, la sera si reca a ritirare l’auto e la responsabile dell’amministrazione le presenta un conto da oltre 500 Euro. Maria le segnala che aveva diritto alla promozione e le indica il coupon che alla mattina aveva già mostrato in fase di accettazione. La signora, vista l’ora ormai tarda, le dice di non essere a conoscenza della questione e che avrebbe verificato il giorno successivo, permettendole comunque di ritirare l’auto.

L’attesa di aggiornamenti tarda ad arrivare, ma qualche settimana dopo Maria riceve in azienda una busta dal concessionario con una fattura di 411 Euro e una fotocopia del suo coupon con evidenziata la data di scadenza della promozione (evidentemente superata al momento dell’ingresso dell’auto per il tagliando).

Maria ricontatta immantinente il servizio clienti Ford, certa che la gentilezza e la celerità che le è stata usata al momento della prenotazione le venga nuovamente riservata. Espone il problema e chiede di risolverlo, vista l’evidente mancanza di comunicazione tra la casa madre e la sua filiale e della quale Maria non può essere responsabile.

Anche in questo caso, un riscontro tarda ad arrivare e, dopo diversi solleciti, la “soluzione” che viene proposta è la seguente: Ford e Mocauto sono dispiaciuti dell’inconveniente (ci mancherebbe…), purtroppo, però, la fattura è già stata emessa e non è possibile effettuare uno storno. Mocauto però volentieri vuole viene incontro a Maria applicandole uno sconto pari alla differenza del tagliando per il prossimo tagliando.

Inutile commentare la sua reazione…

La grossa mancanza, qui, viene dalla mancata “connessione” tra la casa automobilistica e il concessionario che, in questo caso, doveva avvenire attraverso il Customer Service. Il quale, nonostante gentilezza e affabilità durante il contatto, non ha mantenuto la sua promessa di concederci una proroga sulla promozione. Il risultato è una Customer Experience davvero insoddisfacente che causerà l’esatto opposto di quello che la casa madre auspicava con questa promozione (cioè l’occasione di un rapporto continuativo tra la sua filiale e il cliente): il cliente non solo non si affiderà più a quello specifico concessionario, ma sicuramente per le prossime manutenzioni si affiderà a un’officina che facilmente non avrà niente a che fare con la Ford. Per non parlare del cattivo passaparola che la vicenda genererà.

Quello della Customer Experience è un lavoro lungo e di estrema precisione e spesso, nonostante la buona volontà, è su questo genere di “dettagli” che casca l’asino.

AVON, #SPECCHIOSPECCHIO E UNA PROMESSA BEN MANTENUTA

AVON LOGoAvon, azienda leader nella produzione di cosmetici, è nata nel lontano 1886. Quasi per caso, si potrebbe dire. L’idea venne a un certo David H. McConnell, venditore porta a porta di libri che, per attirare l’attenzione delle sue clienti, offriva loro in omaggio un profumo di sua invenzione. Mancavano ancora trent’anni perché negli Stati Uniti le donne si vedessero riconosciuto il diritto di voto e McConnell ebbe l’idea di rendere le casalinghe americane prime testimonial e venditrici dei suoi prodotti, oggi conosciute con il nome di “Presentatrici Avon”.

Oggi, 130 anni dopo, Avon fattura quasi 9 miliardi di dollari all’anno e ha ben 6,4 milioni di presentatrici in oltre 100 Paesi del mondo.

La promessa e la missione di Avon, fin dalle prime intenzioni del suo fondatore, è quella di “Sostenere la bellezza, l’innovazione, l’ottimismo e, soprattutto, le donne”.

E per fare questo, Avon non ricorre soltanto ai suoi prodotti! Conscia del fatto che i termini della sua promessa siano difficili da mantenere e, soprattutto, da trasmettere in modo corretto e che davvero arrivi al suo pubblico, Avon ha recentemente lanciato l’iniziativa #SpecchioSpecchio, volta a rendere le donne più sicure di se stesse.

In sordina e senza svelarsi attraverso loghi che alludessero al brand, Avon ha posto uno specchio interattivo presso il centro commerciale “Le Torri Bianche” di Vimercate, vicino a Milano. Chi si avvicinava spontaneamente allo specchio riceveva un messaggio personalizzato a seconda del proprio look, del proprio stile o della propria personalità: “Hai visto come sei bella oggi?”, “Quanto tempo è che non ti dicono che sei stupenda?”, “Sei una donna unica!” e così via… Le reazioni delle donne che si fermavano a leggere il loro messaggio venivano registrate e sono state solo successivamente condivise da Avon attraverso il video che potete vedere qui sotto.

Le commosse, riconoscenti e divertite partecipanti hanno ammesso di essersi per un attimo sentite più belle e sicure, contagiando positivamente e incuriosendo altre donne intorno a loro.

Per non fermarsi qui, Avon ha esteso la possibilità di partecipare all’iniziativa anche online, attraverso il sito web www.avonallospecchio.it.

Il tema dell’insicurezza della donna è molto sentito: una ricerca di Dove, marchio di prodotti per l’igiene personale di Unilever, ha rilevato che solo il 4% delle donne del mondo si considera bella e che l’ansia sul modo in cui appare inizia da molto giovani. Sei ragazze su 10, inoltre, sono molto preoccupate di come appaiono e questa insicurezza provoca delle difficoltà nelle loro attività quotidiane.

Avon, che da tempo si fa ambasciatrice di valori come la fiducia in se stessi e il rispetto delle diversità e dell’unicità delle persone, ha deciso con questo progetto di dimostrare ancora una volta alle donne (non solo clienti!) di essere in grado di mantenere la sua promessa.

Un definizione chiara e precisa delle promesse del brand è necessaria per mettere in atto una strategia che, nei diversi touchpoint (online e offline), sia in grado di dimostrare di poterle mantenere, rispettando così le aspettative dei clienti. Il risultato? Una Customer Experience superiore e, di conseguenza, fedeltà e passaparola, ovviamente!

ABERCROMBIE & FITCH E IL CLIENTE AL CENTRO

abercrombie logoAbercrombie & Fitch è un marchio di abbigliamento americano. Fondato a New York nel 1892, nel 1988 viene ceduto alla Limited, altro marchio di abbigliamento, ma il successo non arriva prima del 1992. Nel 1996 arriva la quotazione in borsa e nei successivi quindici anni passa da 125 a più di 930 negozi in tutto il mondo (l’80% negli Stati Uniti). Abercrombie è famoso per i suoi vestiti attillati e le taglie piccole, i vistosi loghi, l’illuminazione molto particolare e il profumo travolgente dei suoi negozi e i suoi bellissimi commessi che accolgono e intrattengono i clienti con seducenti sorrisi.

Nel primo decennio del 2000 Abercrombie ha molto successo e le campagne pubblicitarie entrano irruenti nella vita degli adolescenti di tutto il mondo che arrivano a fare file lunghe ore per poter accedere allo store del loro marchio preferito.

Il tempo passa e Abercrombie, forse a causa della crisi, forse perché ormai è passata di moda, si vede costretta a chiudere oltre 340 negozi in sei anni.

Negli ultimi mesi, però, Abercrombie ha deciso di prendere la situazione di petto e la soluzione per rivitalizzare e guadagnare fedeltà al Brand da parte dei suoi clienti è una nuova “cliente-centricità”.

Jonathan Ramsde, Chief Operating Officer dell’azienda, commentando i primi risultati incoraggianti dell’ultimo quarto del 2015 dal 2012, spiega: “Cliente-centricità per noi significa mettere il cliente al centro di tutto quello che facciamo”.

Ma che cosa significa, esattamente, essere cliente-centrici per Abercrombie? Lo stesso Ramsde spiega:

abercrombie interior“Durante il 2015 abbiamo apportato diversi cambiamenti per migliorare la shopping experience in termini di facilità, velocità e gradevolezza. Abbiamo rivisto la formazione degli Store Manager e dato loro più autonomia perché possano essere più preparati e veloci nel rispondere alle esigenze del cliente. Abbiamo migliorato la nostra illuminazione e il sistema di coda in cassa. (…) Dal lato digitale, abbiamo investito molto sull’omincanalità per rendere l’esperienza dei nostri clienti più coerente. Abbiamo migliorato il nostro sito web e le nostre app, tanto che il 60% del traffico online ci arriva dal mobile e i nostri tassi di conversione stanno crescendo. Stiamo anche rivedendo le nostre policy ecommerce, consentendo l’ordine online e il ritiro in negozio e ottimizzando le possibilità e le procedure di reso”.

Gli fa eco Joanne Crevoiserat, Executive Vice President: “Abbiamo fatto l’enorme sforzo di mappare e sintetizzare i valori e l’identità dei nostri brand. Ora stiamo lavorando sulle strategie di comunicazione legate al posizionamento di ciascuno. Ci aspettiamo di poter fare questo lavoro anche per tutti i nostri prodotti, l’esperienza in negozio, online e attraverso tutto il nostro marketing. C’è ancora molto lavoro da fare e siamo sicuri che la situazione rimarrà molto impegnativa, ma, andando avanti, questo focus sul cliente rimane centrale per la nostra strategia. Ci stiamo rialzando, ma stiamo ancora imparando e la strada è lunga”.

Come ci piace ripetere spesso, la Customer Experience è un viaggio, non una destinazione!

SE LA TUA AZIENDA FOSSE UNA PERSONA..

La Customer Experience è misurata come allineamento tra le aspettative del Cliente e la concreta esperienza che lui vive con un’azienda o un brand.

Le aspettative che il Cliente matura e con le quali approccia un’azienda, un brand, un prodotto o un servizio sono il risultato di un complesso processo nel quale entrano in gioco numerosi fattori.

Uno tra i fattori più importanti che entrano nel processo di formazione delle aspettative del Cliente è rappresentato dalle promesse esplicite o implicite che l’azienda o il brand comunicano. Davvero è importante far emergere queste “promesse” dato che spesso non sono così chiare ed esplicite nemmeno fra i protagonisti dell’azienda stessa.

Un metodo semplice, ma non per questo poco rigoroso, suggerisce di paragonare l’azienda o il brand a una persona e rispondere a queste domande:

Adattatamento dal modello di Brand Equity di Aaker
Adattamento di Italian Customer Intelligence del modello di Brand Equity di Aaker

Se il tuo brand/marchio/azienda fosse una persona..

  • Che look e stile avrebbe?
  • Che atteggiamento caratteristico e prevalente avrebbe di fronte alla vita?
  • Che orientamento avrebbe verso il futuro?
  • Che atteggiamento caratteristico e prevalente avrebbe verso gli altri?
  • Come definiresti il “cuore” di questa persona?

Arrivati, magari anche grazie a un sondaggio interno, ai cinque aggettivi che ben definiscono la vostra.. persona-azienda, avrete per le mani una cosa davvero decisiva! Infatti, i cinque aggettivi descriveranno “la stoffa” dell’esperienza che vorreste proporre ai vostri clienti in ogni “touchpoint”, in ogni occasione di relazione e per lo meno in quelle più strategiche (approfondisci qui l’argomento).

Non vi resta ora che chiedere ai clienti di descrivere con qualche aggettivo l’esperienza che vivono con la vostra azienda/brand/prodotto o servizio. Se l’allineamento è totale.. Bè, complimenti!

Se è parziale.. Si può sempre migliorare!

Se è nullo.. Allora c’è da lavorare sodo. Ma ne vale la pena!

Una Customer Experience superiore è collegata con frequenza di acquisto, il suo valore medio, fedeltà del cliente e attrazione di investimenti.

Buon lavoro!

Per offrire una Customer Experience superiore ai tuoi clienti, contatta Italian Customer Intelligence: info@italiancustomerintelligence.it

UNITED AIRLINES: UN’AMICIZIA A SENSO UNICO

Ancora una volta, oggi, vogliamo ribadirvi l’importanza di offrire ai propri clienti una Customer Experience coerente con le promesse che il Brand, in modo implicito o esplicito, veicola. Questa coerenza è “affare” di tutti i reparti dell’ecosistema aziendale che, se non sono fra loro allineati nell’obiettivo comune di offrire al cliente un’esperienza superiore alle sue aspettative, rischiano, addirittura, di rendere quella stessa esperienza disastrosa.

Vediamo il caso di una recente campagna della United Airlines, compagnia aerea degli Stati Uniti.

Gli attori di questa vicenda sono: il reparto marketing, le hostess di volo, il customer service e una passeggera con titolo di “Frequent Flyer”.

Ma andiamo con ordine.

United Airlines lancia la campagna, una rivisitazione di una precedente, “Fly the friendly Skies”, letteralmente “Vola i cieli amichevoli”. La campagna, rivolta ai cosiddetti 1K, ossia quei passeggeri che volano ogni anno almeno 1000 miglia, viene promossa, tra le altre cose, via email. Ecco il testo:

Dal decollo all’atterraggio, ti mettiamo al primo posto.

Stiamo lavorando duro per darti il prodotto e il servizio che desideri, offrendoti l’esperienza di viaggio che ti aspetti e che ti meriti. È questo nostro impegno che ci ha ispirato nel reinterpretare il nostro famoso motto “Fly the friendly Skies”. “Friendly”, “amichevole”, oggi significa molto più di quanto non abbia mai significato. Significa essere “user-friendly”. In altre parole, “flyer-friendly”. Ti offriamo un ineguagliabile network globale con una vasta offerta di prodotti, la migliore tecnologia e, ovviamente, il miglior customer service”.

L’email viene ricevuta da una passeggera Frequent Flyer che, proprio quel giorno, parte per un viaggio (un volo da una parte all’altra degli Stati Uniti). La passeggera, quando viaggia, ama rilassarsi. Una volta salita a bordo, memore dell’email appena ricevuta, chiede a una hostess di poter avere una copertina per non prendere freddo. Dopo averle chiesto dove fosse seduta, la hostess comunica alla passeggera che le coperte sono riservate ai viaggiatori in business class. La passeggera prova a far presente alla hostess che la United le aveva promesso ben altro trattamento, dal momento che è una Frequent Flyer, ma tutto ciò che ottiene è l’impegno ad abbassare l’aria condizionata.

L’aereo non è ancora partito e la passeggera, indispettita, prova a contattare telefonicamente il customer service a lei dedicato. Spiegata la problematica all’operatrice, quest’ultima le chiede di poter parlare direttamente con la hostess. Il risultato? Da una parte, la passeggera ottiene la coperta, dall’altra, il personale di bordo si dimostra estremamente scocciato dall’episodio, tanto da evitare la signora al momento del passaggio con le bevande. “Bell’amicizia..!”, verrebbe da dire!

Il problema in questo caso è una mancanza di allineamento tra i vari reparti dell’organizzazione di United Airlines. Ne consegue che uno di essi (il personale di volo), non avendo le informazioni necessarie (ma neanche i mezzi – non avendo neanche abbastanza coperte per soddisfare tutti i  passeggeri), non mantiene le promesse della compagnia, disattendendo le aspettative dei suoi passeggeri e instaurando una serie di conseguenze a cascata deleterie per l’azienda (un passaparola negativo o il passaggio a un competitor, solo per citarne un paio).

Come rendere le promesse del brand chiare all’interno dell’ecosistema aziendale in modo che ogni reparto si senta coinvolto nell’offerta di una Customer Experience superiore? Te lo illustra Italian Customer Intelligence all’interno del seminario “Offrire ai propri clienti una Customer Experience superiore: 6 mosse in 6 mesi“, la seconda edizione del quale inizierà ad Aprile. Clicca qui per più informazioni.
Banner Apriledef

CUSTOMER EXPERIENCE OFFICE: COERENZA DI PENSIERO, PROPOSITI E AZIONE

Sostenere il proprio pubblico è difficile. È una cosa che richiede coerenza di pensiero, propositi e di azione in un lungo periodo di tempo.

Bruce Springsteen

 

Era del Cliente. Era della Customer Experience intesa come l’unico strumento in mano delle aziende e dei brand per conquistare i clienti, la loro fedeltà e il loro passaparola.

Customer Experience che oggi non può essere forte solo in negozio: con la possibilità di connessioni 24 ore su 24, tutti i giorni, il cliente ha costante accesso al brand in maniera sempre più facile e rapida. Le aspettative del cliente di trovare una flessibilità e una chiarezza nell’esperienza che vive, che essa inizi per strada passeggiando, in un negozio, attraverso uno spot in radio o in tv, su internet o con una app, sono sempre più alte.

Perché il cliente ottenga quello che si aspetta è necessario che l’intero ecosistema aziendale giochi nella stessa squadra. Marketing, commerciale, IT, legal, finance, operation, HR, logistica, assistenza pre e post vendita: tutti devono assicurarsi di essere in linea con le promesse del brand e insieme di essere coerenti l’un l’altro.

L’ecosistema aziendale, quindi, ha l’imperativo di analizzare e di svolgere le proprie mansioni considerando la prospettiva del cliente all’interno del proprio reparto, prima, e, poi, in allineamento con gli altri componenti dell’azienda. Da qui l’importanza di un Customer Experience Office, “condotto” da chi in azienda possa avere una visione generale di tutte le operazioni, che riunisca nella stessa stanza tutti i responsabili di divisione con il fine di condividere strategici piani cliente-centrici in linea con l’identità e le promesse del brand.

Ricordando che “la Customer Experience è un viaggio, non una destinazione”.

Una tappa del percorso proposto da Italian Customer Intelligence per offrire una Customer Experience superiore sarà dedicata proprio alla creazione in azienda di un Customer Experience Office.

Scopri di più sul percorso

STARBUCKS E IL FRAPPUCCINO CHE FA PERDERE LE STAFFE

“Terribile esperienza: il 12 Maggio, 86-51 Broadway, Store Elmhurst, la direttrice Melissa sembra avere un problema di gestione della rabbia.

Ha preso il mio ordine per un “Frappuccino”. Non ho sentito il suo collega chiedermi il nome da scrivere sulla tazza in un primo momento perché stavo aprendo la app sul mio cellulare per pagare. Subito Melissa ha cominciato a gridarmi addosso, dicendo: “hey helloooo!” con atteggiamento molto sconveniente. L’unica cosa che ho detto lei è “Scusa, non avevo sentito, ma non c’è bisogno che urli!”.

Ho evidentemente aggravato la situazione. Lei ha preso e agitato lo scanner mentre stavo cercando di pagare poi mi ha detto di andarmene e non tornare. Stavo cercando di chiedere ad altri dipendenti di poter spiegare, ma la direttrice ha oltretutto iniziato a gridarmi di lasciare lì la cannuccia/biscotto (un prodotto Starbucks – n.d.a.) che avevo in mano accusandomi di volerla rubare!”.

La risposta tramite Facebook da Starbucks non si è fatta attendere:

“Signora Chen, questa esperienza non riflette il servizio che i nostri partner forniscono ai nostri clienti ogni giorno. Qualcuno dal nostro management la incontrerà al più presto per scusarsi e far valere le sue ragioni“.

Apprendiamo che pochi giorni dopo la dipendente che ha completamente perso le staffe è stata licenziata.

Un portavoce per il “gigante delle caffetterie” ha dichiarato alla NBC che il dipendente – che era un capoturno, non una store manager come indicato dalla cliente offesa – è stata licenziata non appena Starbucks è venuta a conoscenza della situazione.

Ruby Chen dice che Starbucks l’ha contattata per dirle che stavano “prendendo sul serio la sua denuncia su quanto accaduto”. La società le ha anche offerto una carta regalo dal valore di $100.

Sicuramente la cliente Ruby Chen non ha vissuto un’esperienza indimenticabile nello Starbucks incriminato; la dipendente che ha perso le staffe era uno dei punti di contatto più importanti tra cliente e brand all’interno del locale e ha scatenato un putiferio, causando un grosso problema di immagine a Starbucks, che è subito corso ai ripari cercando di gestire la situazione critica offrendo una pronta e immediata assistenza alla cliente danneggiata.

Il personale di un locale rappresenta la miglior risorsa per offrire una customer experience superiore e superare le aspettative del cliente: biosogna però chiedersi, darsi una risposta ed eventualmente intervenire, su alcune domande:

  • Quale esperienza il mio brand/locale/ristorante desidera offrire ai clienti?
  • Quali sono le promesse che il mio brand/locale/ristorante fa ai clienti?
  • I collaboratori sono tutti a conoscenza delle promesse del brand e dell’esperienza che desideriamo offrire?
  • I collaboratori sono adeguatamente formati per offrire una customer experience superiore ai clienti del brand/locale/ristorante?

Per intervenire su queste ed altre fondamentali domande e per conoscere come coinvolgere tutto l’ecosistema aziendale nell’offerta di customer experience davvero in linea con l’identità del brand e le promesse che il brand fa ai clienti, scrivi a press@newsandcustomerexperience.it

TEMPO: SINCRONIA E COERENZA TRA PROMESSE DEL BRAND E MARKETING

Da qualche giorno impazza sul web una presa in giro della cantante Adele, prossima a un tour in Italia e star della colonna sonora del discussissimo episodio Skyfall della saga di 007.

La colpa di Adele è quella di cantare canzoni – a detta del popolo dei social media – troppo tristi e strappalacrime.

Chi ne ha approfittato, dimostrando una perfetta sincronia e coerenza del proprio ufficio marketing rispetto alle promesse del brand, è Tempo, nota azienda di fazzoletti di carta.

Questo il post che Tempo ha pubblicato nella pagina dedicata al tour di Adele, in mezzo a tante altre meme divertenti:

tempo

In un’ora dalla sua pubblicazione il post ha guadagnato più di 9000 like e quasi 500 condivisioni (in meno di 24ore i like superano i 27.000 e le condivisioni sono state quasi 2.000), al grido di “Per fortuna potete contare su Someone Like Us” (che fa il verso a uno degli struggenti brani dell’artista inglese).

Il marketing è una delle parti più rilevanti nell’offerta di una Customer Experience superiore, in quanto è quello che suggerisce al cliente le promesse del brand, stabilendone così le aspettative.

Diventa quindi fondamentale, evidentemente, che il marketing abbia ben chiara l’identità del brand e le sue promesse, per poterle comunicare coerentemente (ne avevamo già scritto qui).

Italian Customer Intelligence propone un percorso che in sei mosse favorisce l’importazione in azienda delle best practice per coordinare Brand Identity, Customer Experience e Marketing in modo che il Cliente sia davvero soddisfatto.

Bannerseminario-1

CUSTOMER EXPERIENCE & PROMESSE DEL BRAND

Se il tuo Brand fosse una persona

…Che atteggiamento avrebbe di fronte alla vita? Es. “Entusiasta”

…E di fronte al futuro? Es. “Concreto”

…E con quale aggettivo descriveremmo la relazione che avrebbe con gli altri? Es. “Coinvolgente”

…E che tipo di “look” avrebbe? Es. “Minimal”.

Questo Brand promette di offrire ai suoi clienti, IN OGNI OCCASIONE DI RELAZIONE/CONTATTO, un’esperienza

ENTUSIASTA, CONCRETA, COINVOLGENTE, ESSENZIALE
  • Per scoprire le promesse esplicite e implicite che la tua azienda o il tuo Brand offre ai clienti;
  • Per progettare una Customer Experience superiore da offrire al cliente in linea con le promesse che comunichi;
  • Per prima mappare e poi scegliere i “touchpoint” strategici (approfondisci qui) nei quali si “gioca la partita” della Customer Experience e con essa la frequenza di acquisto, il suo valore medio e la fedeltà del cliente;
  • Per “indovinare” il G.L.U.E. (Giving Little Unexpected Extra – approfondisci qui) che “attacchi” il cliente al tuo Brand…

Go to Top